
24 Feb Intervista a Alessandro e Mariana de La Argentina Azienda Agricola (parte 2)
Segue da Intervista a Alessandro e Mariana de La Argentina Azienda Agricola (parte 1)
Sul sito dell’AIAB (Associazione Italiana Agricoltura Biologica), leggiamo che:
“L’agricoltura biologica è un metodo di produzione che ha i suoi principi di base nella cura della fertilità del suolo e dell’equilibrio dell’ambiente in cui si coltiva. Non è quindi la sostituzione di concimi, diserbanti, anticrittogamici, insetticidi e pesticidi in genere, con quanto ammesso dal regolamento europeo, ma la corretta applicazione dei principi di agro ecologia, avendo come obiettivo quello di aumentare la biodiversità nel suolo e nel soprassuolo per la ricerca dell’equilibrio nutrizionale e ambientale”. Inoltre, leggiamo “L’agricoltura biologica è l’unica forma di agricoltura controllata in base a leggi europee e nazionali. Non ci si basa, quindi, su autodichiarazioni del produttore ma su un Sistema di Controllo uniforme in tutta l’Unione Europea”.
Se l’agricoltura biologica punta alla cura della fertilità del suolo e all’equilibrio dell’ambiente attraverso l’uso di metodi naturali e controllati da regolamenti europei, in cosa si differenzia l’agricoltura “rigenerativa”? In altre parole, come spieghereste ad un consumatore cosa rende la vostra azienda diversa da un’azienda biologica tradizionale?
Diciamo subito che in effetti ad oggi manca un protocollo condiviso e ufficiale sul rigenerativo.
Noi ci spendiamo da anni in tal senso e al momento abbiamo diverse collaborazioni attive con università, enti di ricerca, istituti no profit ed altre aziende: collaboriamo ad esempio con l’Università della Tuscia, con l’Istituto zooprofilattico del mezzogiorno, con l’Università Federico II di Napoli, con Deafal, con Slow Food e con EIT Food.
E’ di questi giorni la notizia della nascita dell’Associazione Nazionale Produttori per l’Agricoltura Organica Rigenerativa alla quale abbiamo partecipato insieme a Deafal e ad altri produttori italiani.
Quando iniziammo a parlare di rigenerazione nel 2011 non trovavamo molta comprensione, mentre oggi si sta diffondendo sempre più e questo non ci può che far piacere.
Chiaramente con la sua diffusione e insieme alla mancanza di un protocollo univoco e standard, il rischio di mistificazione del concetto (o peggio del suo sfruttamento a meri fini commerciali) è molto grande.
Per questo è importante lavorare per un protocollo, ma va detto che non è semplice perché non esiste un metodo univoco.
Esistono dei principi da rispettare in modo rigoroso, ma poi come ci si arriva non è sempre scontato ed è per questo che le iniziative in tal senso si scontrano con delle difficoltà specifiche del caso che certo supereremo, ma richiedono tempi appropriati.
Il biologico è stato e continua ad essere un metodo di produzione valido. D’altronde l’idea di non usare veleni per produrre cibo è tanto semplice quanto innovativa rispetto allo scenario delle produzioni tradizionali.
Rispettiamo profondamente il concetto di biologico e crediamo che abbia contribuito fortemente a creare nei consumatori una sensibilità necessaria per poter comprendere anche il rigenerativo.
Nel biologico ci sono produttori che si limitano a seguire le norme basiche al fine di prendere degli incentivi ed altri che lo interpretano correttamente, sono mossi da principi validissimi e lavorano per il raggiungimento degli obiettivi che hai riportato nella tua domanda.
Quindi di nuovo: esistono le certificazioni, ma poi bisogna andare a vedere azienda per azienda come lavora.
Potremmo dire che le ambizioni del biologico sono state un po’ diluite dalla regolamentazione e dalla massificazione.
Il rigenerativo ha l’ambizione di ripristinare un equilibrio ecosistemico andato perduto e per farlo utilizza i meccanismi stessi della natura per accelerarne il processo.
ll discorso qui sarebbe molto lungo per cui qualche esempio vorrei provare a far capire la differenza:
In un allevamento in biologico i bovini potrebbero stare in stalla garantendo loro spazi maggiori e accessi all’esterno. Sarebbero bovini biologici a patto che si nutrano di alimenti anch’essi biologici quindi prodotti senza l’ausilio di chimica e in modo sostenibile.
In un allevamento rigenerativo si cercherà invece di mandare gli animali al pascolo perché proprio l’azione degli erbivori con il loro brucare e defecare in loco, contribuisce alla rigenerazione del suolo.
Si farà di tutto per comprare il meno possibile fuori dall’azienda con il fine ultimo di essere autosufficienti. La rigenerazione del suolo nel tempo produrrà più foraggio e quindi diminuiranno i fabbisogni alimentari esterni degli animali allevati.
Pascoli naturali rigenerati offrono all’erbivoro che se ne nutre una varietà di essenza (Specie botaniche) centinaia di volte superiore rispetto ad un erbaio creato appositamente dall’uomo. Tale erbaio seminato può essere biologico, ma non avrà mai le moltitudine di varietà botaniche che si raggiungono in un pascolo naturale e sano.
E’ chiaro che un animale che ha una dieta così varia sarà sicuramente più sano, forte e il suo prodotto più nutriente per noi umani.
Per fare un altro esempio: in un allevamento biologico le parassitosi potrebbero essere trattate con rimedi adatti al biologico, ma che nel rigenerativo non verrebbero utilizzati perché la loro azione potrebbe avere una residualità nelle feci degli animali andando ad inficiare sulla vita del suolo. Condizione che invece noi cerchiamo di recuperare perché fondamentale alla sua rigenerazione.
In più nel rigenerativo si cercherebbe di risolvere il problema dei parassiti, come è accaduto ne La Argentina in questi anni, semplicemente con la rotazione dei pascoli: se gli animali non pascolano nella stessa parcella per mesi, il ciclo di vita e riproduzione dei parassiti viene interrotto, per cui la loro presenza andrà scemando fino a scomparire o quasi.
Come abbiamo più volte detto qui, la natura è saggia: gli animali in natura non tornano a pascolare nella stessa zona prima di molti mesi. I problemi nascono quando l’uomo li obbliga a pascolare le stesse zone con maggior frequenza.
Ecco nel rigenerativo si cerca di operare secondo le regole della natura: è un dialogo costante fatto di continui tentativi ed errori fino a raggiungere un equilibrio che fa bene all’ambiente e produce alimenti più sani.
Cambia il punto di vista: non tanto quello del produttore verso la natura, ma quello del produttore CON la natura.
Chiaramente se un domani ci fosse un protocollo ufficiale del rigenerativo, il rischio di diluizione dei principi e di adozione per opportunismo sarà lo stesso.
E’ quindi importante, torniamo sempre al punto, che i consumatori imparino ad andare a bussare alle aziende che producono e vedere con i propri occhi come lavorano. Non c’è bisogno di essere veterinari o agronomi per rendersi conto di come un’azienda lavora e se è vero quello che dice. Questa è sempre la migliore certificazione ed è insostituibile.
Certo non sempre è possibile andare, ma oggi con internet è facile sapere cosa hanno visto e cosa possono confermare quelli che ci sono stati.
Noi organizziamo in primavera degli open day: sono giornate in cui apriamo le porte al pubblico, ci prestiamo a mille domande, ci mettiamo la faccia e facciamo festa con chi vuol farla con noi. Crediamo che solo educando i consumatori e dotandoli dei mezzi per poter scegliere consapevolmente, allora potranno esigere produzioni fatte in modo diverso e il numero di aziende che lavora bene sarà sempre maggiore.
Detto questo se non si conoscono aziende rigenerative delle quali potete fidarvi e disposte a farvi vedere come lavorano, comprare da un’azienda biologica seria e vicina o dal contadino che sapete lavora bene e secondo coscienza al di là delle certificazioni, è probabilmente la migliore alternativa.A patto appunto che possiate vedere e giudicare con i vostri occhi.
Nel documentario “Food for Profit” di Giulia Innocenzi (2024), girato negli anni in cui è stata negoziata la Politica Agricola Comune per il quinquennio 2023-2027, si afferma che l’Europa ha elargito quasi 400 miliardi di euro in 7 anni all’agricoltura, ma la maggior parte di questi sussidi è andata agli allevamenti intensivi e alle grandi aziende agricole, mentre tante piccole aziende nel corso degli anni hanno chiuso a causa della loro scarsa competitività economica. Noi crediamo che come cittadini e consumatori, dovremmo pretendere che i nostri soldi vadano a sostegno di un’agricoltura verde a favore degli animali e della nostra salute.
Come attori direttamente coinvolti, avete un’opinione o esperienze dirette in merito alle politiche agricole comunitarie? Ricevete supporto o incentivi per la vostra diversità?
Abbiamo visto il documentario: ha il merito di denunciare alcune storture del sistema che condividiamo.
Forse avremmo preferito vedere anche esempi positivi e virtuosi. Vista la risonanza che ha avuto, è stata un’occasione mancata per proporre anche alternative valide al sistema.
Ad ogni modo tutto serve per istruire i consumatori quindi grazie a Giulia Innocenzi per aver contribuito al dibattito.
Ora la questione degli aiuti all’agricoltura è complessa.
Attualmente non riceviamo fondi dalla politica agricola comune per il fatto che alleviamo al pascolo: non esiste un incentivo economico per l’uso del pascolamento in aziende zootecniche. Se a questa affermazione si aggiunge il dato che animali al pascolo producono meno della metà di quelli allevati in stalla, con una diminuzione irrisoria dei costi produttivi, si può capire il motivo della grande differenza nel prezzo del prodotto per il consumatore (carne, latte, formaggi o uova).
Oggi gli incentivi premiano di più chi passa (anche solo in parte) a produzioni più sane e rispettose dell’ambiente, sempre con parametri appartenenti al paradigma della agricoltura convenzionale, e questo è un bene per carità. Noi crediamo che si potrebbe fare molto meglio per esempio con delle valutazioni obiettive di impatto ambientale dell’allevamento sull’ecosistema. Si premiano le aziende che da una situazione che degrada l’ambiente modifica qualcosa per essere più sostenibile e noi che lo facciamo abitualmente, non facendo nessuna transizione, ne usciamo penalizzati. E’ un paradosso.
Ci auguriamo che le prossime direttive possano andare nella direzione corretta di premiare chi lavora veramente e bene. Troppo spesso questi soldi sono arrivati a chi invece lavorava male o non lavorava proprio.
Noi crediamo che se sarà così, sarà un bel passo avanti e tanto più i consumatori premieranno con le loro scelte le aziende che lavorano in modo virtuoso, tanto più in Europa questi aiuti premieranno le produzioni migliori.
C’è un fatto a nostro avviso che però viene poco messo in luce: gli aiuti agli agricoltori sono anche e soprattutto aiuti ai consumatori. Se non ci fossero, il cibo costerebbe di più e molti consumatori sarebbero fortemente penalizzati.
Di qui quindi una riflessione: ci siamo abituati al fatto che il cibo costi poco. E costando poco ci sembra normale che un terzo (ripetiamo: un terzo!) di tutto il cibo prodotto nel mondo venga buttato.
Quindi prima di tutto, crediamo che il cibo debba recuperare il suo vero valore.
Se un pollo industriale sta costando qualche manciata di euro al kg, vuol dire che ci sono delle esternalità negative che nessuno sta pagando, ma che in futuro pagheremo tutti e che alcuni aiuti vanno in questa direzione miope.
Certo gli alimenti prodotti nel pieno rispetto dell’ambiente costano di più: ma chi lo ha detto che bisogna mangiare la carne rossa tutti i giorni? Meglio poca, ma buona.
Chi lo ha detto che possiamo permetterci di sprecare tutto il cibo che sprechiamo? Un cibo di valore non verrà sprecato.
Anche attraverso i finanziamenti europei auspichiamo una rivoluzione culturale nella quale risulti più sensato spendere qualcosa in più per un cibo sano che fa bene a noi e all’ambiente piuttosto che mettere mano al portafogli per cellulari, schermi piatti e via dicendo.
Viviamo in un’epoca in cui vorremmo essere ciò che appariamo e ci siamo dimenticati che siamo inesorabilmente ciò che mangiamo.
Quanto è conosciuto in Italia il Pascolo Razionale Voisin? Dal punto di vista dei produttori italiani, state riscontrando interesse nel voler adottare questo metodo? Quali iniziative state portando avanti per diffondere le vostre conoscenze?
Il pascolo razionale è un sistema di allevamento che rientra nell’ambito dell’allevamento e agricoltura rigenerativi.
Quando tornammo in italia 14 anni fa e iniziammo a parlarne era pressoché sconosciuto. O forse sarebbe meglio dire dimenticato. Come abbiamo detto più sopra, con il pascolo razionale non si è scoperto nulla: non è altro che l’antica arte di pascolare. Quella che usavano i nostri nonni per intenderci prima dell’avanzata dei sistemi intensivi e tecnologici di allevamento e agricoltura.
E’ stato dimenticato, ma questo ci permette di ribattere a chi avanza delle perplessità a questi sistemi di allevamento affermando che si è sempre fatto così riferendosi alle stalle per esempio. In realtà non è così, ma come produttori pecchiamo molto spesso di presunzione e memoria corta.
Diciamo che il pascolo razionale è la scoperta dell’acqua calda, ma ha il pregio di essere stato perfezionato attraverso gli studi scientifici e l’ingegnerizzazione.
Oltre un decennio fa iniziammo a portare qui in Italia il nostro mentore, il prof. Carlos Pinheiro Machado, massimo esperto mondiale del sistema e appassionato divulgatore.
Nelle giornate dimostrative e formative che organizzammo in giro per l’Italia trovammo comunque sempre molte persone interessate: allevatori, tecnici e studiosi della materia.
Oggi sicuramente è più conosciuto e in molti guardano a questo sistema con meno preconcetti.
Non è ancora molto diffuso, ma siamo certi che pian piano prenderà sempre più piede: un ruolo fondamentale in tal senso lo ricoprono proprio i clienti che possono fomentarne l’adozione da parte dei produttori grazie alle proprie scelte di consumo responsabili.
Oggi il Prof. Pinheiro Machado non c’è più, ma rimane di lui, oltre ai tanti insegnamenti e consigli, l’invito al confronto, all’associarsi e a parlare. Anche per questo ci spendiamo tanto affinché queste tecniche vengano divulgate (E questa lunga intervista ne è una prova): organizziamo formazioni, scriviamo articoli, collaboriamo a ricerche scientifiche, educhiamo i clienti e apriamo le porte dell’azienda La Argentina.
Sviluppiamo progetti di pascolo razionale per altre aziende e ad oggi sono già diverse in tutta Italia che adottano questo sistema.
La strada è molto lunga, ma ci muove una passione indomita per quello che facciamo e crediamo che anche per questo nel tempo riusciremo nella nostra mission.

Dal punto di vista dei consumatori, quale livello di domanda riscontrate attualmente per i vostri prodotti? Chi sono i vostri clienti tipo e quali fattori, come valori, necessità o preferenze specifiche, li spingono a scegliere la vostra offerta rispetto a quella di altre aziende?
Abbiamo iniziato a commercializzare i nostri prodotti nel 2021 scegliendo da subito di rivolgerci direttamente ai consumatori privati.
Da un lato perché la nostra produzione era piccola (e lo è ancora) quindi non avremmo potuto soddisfare tutti i tipi di clienti e poi perché volevamo essere certi che il valore del nostro prodotto non si disperdesse nei vari passaggi di mano.
Sentivamo l’esigenza di assicurarci che il cliente sapesse e capisse cosa stava comprando e tutto quello che c’era dietro ogni nostro prodotto.
Ci teniamo a dire subito che i nostri clienti sono veramente un amore. Abbiamo instaurato con loro un rapporto di fiducia veramente vicino a quello dell’amicizia: si fidano di noi e sentiamo questa responsabilità in ogni cosa che facciamo.
Ci sono le famiglie con bambini piccoli che vogliono garantire ai propri figli prodotti sani e sicuri, persone che soffrono di patologie particolari per cui cercano alimenti privi di chimica o particolarmente ricchi in nutrienti specifici e poi ci sono chiaramente gli amanti del buon cibo. Perché è chiaro che se il prodotto non è molto molto buono e fresco, tutto il resto perde di valore.
Abbiamo clienti che comprano tutte le settimane, altri che fanno scorte una volta al mese e chi compra una volta ogni tanto in occasione di eventi speciali o per togliersi una particolare voglia.
La produzione sta crescendo, ma è chiaro che lavorando come facciamo noi, nel pieno rispetto dei cicli naturali, ci vuole del tempo per aumentare la produzione. Parliamo di anni.
Quindi accade che i nostri prodotti finiscano sempre molto velocemente e non riusciamo a stare dietro alle richieste dei clienti. Se pensassimo solo al fatturato tradire la nostra filosofia sarebbe semplice, ma non è il nostro caso quindi bisogna un po’ aspettare e credo che i nostri clienti apprezzino questa sincerità.
E’ il caso per esempio dei polli: li alleviamo con un sistema particolare che garantisce loro sempre spazi di pascolo nuovi e quindi una dieta in cui foraggio e insetti rappresentano circa il 50%.
In inverno però per la combinazione di freddo e pioggia tenderebbero ad ammalarsi e poiché noi veramente non diamo nulla di nulla e il benessere animale per noi è fondamentale, preferiamo proprio non allevarli. Questo significa una perdita di fatturato importante nei mesi in cui non possiamo offrirli, ma a noi va bene così.
Forse è proprio questo che fa sì che i nostri clienti si fidelizzino: ci siamo proprio noi dietro ad ogni cosa. Se qualcuno ci contatta su whatsapp, siamo anche noi a rispondere. Siamo anche noi in azienda tutti i giorni e possiamo dire esattamente come ogni cosa viene fatta. La produzione, la vendita, la consegna e tutto quello che viene dopo aver venduto un prodotto, avviene come vorremmo venisse fatto per noi e per i nostri bambini.
Forse è la dimensione umana della nostra azienda a rendere tutto così speciale. I clienti lo sentono e credo ci premino per questo. In fondo se vogliamo veramente fare qualcosa per migliorare un po’ il mondo non lo possiamo fare da soli o senza metterci la faccia.
Facciamo squadra con i nostri clienti e credo che riusciamo a farli sentir parte di questa che noi chiamiamo la nostra rivoluzione gentile.
Qual è la vostra opinione sulla definizione di “grass fed”? In Italia, Hans Quarteroni, allevatore bergamasco di bovini Highland, ha fondato l’AIAG (Associazione Italiana Alimenti Grass Fed), la prima associazione italiana dedicata alla certificazione e alla tutela di questa tipologia di produzione. Non tutti gli allevatori che si dichiarano “grass fed” aderiscono però a questa realtà. Secondo voi, una certificazione ufficiale è necessaria per garantire ai consumatori maggiore trasparenza e sicurezza sui prodotti che acquistano?
Crediamo che Hans Quarteroni con l’AIAG stia facendo un ottimo lavoro e che si stia spendendo tanto per la causa per cui non possiamo che essere molto contenti e fargli i complimenti.
Crediamo che tutte le certificazioni, quella bio, quella per il grass fed o quella sul rigenerativo servano soprattutto per due cose:
1 Proteggere la metodologia di produzione da contraffazioni, abusi e mercificazioni.
2 Essere distinguibili dagli altri prodotti e quindi offrire maggiori garanzie ai consumatori.
Quest’ultimo punto è tanto più vero quanto maggiori sono gli acquisti nella grande distribuzione. In un supermercato è utile poter identificare facilmente prodotti diversi.
Ora noi in tutta onestà lavoriamo per far sì che le aziende agricole virtuose si emancipino dalla GDO perché le logiche concorrenziali, le politiche di prezzo e i volumi richiesti sono inevitabilmente contraddittori rispetto ai nostri obiettivi.
Proviamo a spiegarci: produzioni molto virtuose NON possono essere massive. Se poi si vuol rispettare l’ambiente, gli animali, i clienti e i produttori, la corsa al ribasso dei prezzi non è fattibile.
Se dovessimo raccontare come vediamo il futuro crediamo che le certificazioni dovranno esserci, ma che i consumatori dovranno poter comprare direttamente alle aziende produttrici premiando le più virtuose e bypassando la gdo.
In effetti può sembrare utopistico, ma non parliamo di un business plan che deve avere per forza una forte adesione alla realtà: proviamo a raccontare il sogno per il quale ci spendiamo.
D’altronde se non fossimo stati dei sognatori, oggi La Argentina non esisterebbe, del rigenerativo in Italia non si parlerebbe e le cose ci andrebbero molto peggio. La realtà che viviamo ci dice che qualcosa sta cambiando e quindi con ancora più forza non solo è legittimo, ma sognare diventa quasi doveroso.
Noi lavoriamo per questo.
Le certificazioni tutte hanno dei meccanismi intrinsechi che dovrebbero essere capiti dai consumatori, ma è impensabile che questi entrino così in profondità nella loro analisi.
Nel biologico per esempio, come avviene d’altronde in quasi tutte le certificazioni, chi certifica è pagato a monte da chi viene certificato.
Non crediamo che i casi di dolo siano la normalità, anzi diremmo il contrario, ma non sono da escludere. E questo vale per ogni certificazione: passata, presente o futura. Compresa quella del rigenerativo, quando ci sarà.
C’è poi una grande fetta di consumatori che acquista con una certa superficialità (involontaria per carità e spesso dettata dalla scarsa conoscenza e dal poco tempo a disposizione).
Noi stessi vediamo annunci di carni suppostamente da animali al pascolo con marezzature tali che è impossibile avere con una dieta solo ad erba.
Il grassfed come il rigenerativo rischiano di diventare degli specchietti per le allodole sfruttati da venditori poco etici.
Insomma per qualsiasi lato la si voglia vedere, crediamo che tutto riporti alla necessità di conoscere direttamente e bene l’azienda che produce il cibo di cui ci si nutre.
Ecco su questo punto le aziende agricole devono fare molto: saper vendere in modo diretto, in un negozio od online, organizzare una logistica, saper seguire personalmente centinaia se non migliaia di singoli clienti richiede competenze specifiche che devono progressivamente entrare a far parte del know how delle aziende agricole.
C’è quindi tanto lavoro da fare e da parte nostra ci stiamo impegnando per andare al di là della nostra specifica situazione ed aiutare anche tanti amici e colleghi che vorrebbero imitarci, ma non riescono.
Tante aziende virtuose, vedendo quello che siamo riusciti a fare ci chiedono una mano e per questo proprio in questo periodo stiamo lavorando ad un progetto in tal senso che dovrebbe vedere la luce a breve: l’idea sarà proprio quella di ridurre le distanze tra consumatori e produttori rendendo la certificazione un valore condiviso tra tanti clienti che finiranno per premiare i prodotti più validi e le aziende più brave.
E no, non sarà l’ennesimo marketplace perché in fondo quei siti non sono altro che versioni digitali dei grandi supermercati. Le logiche sono le stesse.
Preferiamo non dire molto di più al momento anche perché ci piace parlare con i fatti.
Ad ogni modo se questo messaggio dovesse arrivare anche a delle aziende agricole virtuose, l’invito è a contattarci.
Come sempre più saremo, più contribuiremo a cambiare le cose.

Al momento, i vostri prodotti sono disponibili esclusivamente per l’acquisto online. Nel futuro, potreste aprire uno spaccio aziendale presso la vostra sede dove noi consumatori potremo venire a scoprire e acquistare direttamente i vostri prodotti?
Sì, al momento vendiamo i nostri prodotti solamente online.
Aprire uno spaccio aziendale sarebbe bello, ma non è una priorità.
Stiamo lavorando invece per consentire ai clienti di ritirare i nostri prodotti in molteplici spacci sul territorio così da agevolarne l’acquisto per coloro che non riescono a ricevere la merce a casa o sul posto di lavoro.
Anche questo progetto confidiamo che sarà operativo nei prossimi mesi.
Offrite i vostri prodotti esclusivamente ai consumatori privati o siete aperti anche ad accordi con il settore della ristorazione e della distribuzione?
Come detto più sopra abbiamo da subito scelto di vendere i nostri prodotti solamente ai consumatori privati.
Questo da un lato perché la nostra produzione soprattutto agli inizi era molto limitata e dall’altro perché era più coerente con l’idea di educare i clienti e instaurare con loro un rapporto che superasse la logica fornitore cliente e sfociasse in una vera relazione.
E’ proprio grazie ai nostri clienti, con i loro feedback e le loro critiche, che abbiamo potuto migliorare su tanti aspetti. La loro schiettezza così come il loro essere sempre criticamente costruttivi ci permette di lavorare con costanza ad un processo di miglioramento continuo.
Ne approfittiamo ancora per dire che siamo veramente e profondamente grati ad ognuno di loro e che siamo coscienti che c’è ancora tanto da fare: l’invito è sempre quello di non smettere mai di farci arrivare le proprie critiche, suggerimenti e osservazioni.
I complimenti solleticano l’ego, ma è solo con le critiche che possiamo puntare a fare sempre meglio.
Forse anche per questo motivo godiamo di un numero così elevato di recensioni positive su google: basta leggerne qualcuna per capire che il nostro più grande risultato è la piena soddisfazione dei nostri clienti.
Ci piace dire che non vogliamo clienti contenti, ma orgogliosi. Una differenza solo apparentemente sottile, ma che cela in realtà tutta una filosofia che ci contraddistingue.
Per lavorare con rivenditori, ristoranti ecc dovremmo prima di tutto aumentare di molto la nostra produzione. Come detto più sopra, se si lavora come facciamo noi nel pieno rispetto della natura e dei cicli naturali i tempi sono ancora più lunghi.
Forse ci arriveremo un giorno, ma come diciamo sempre, bisogna aspettare.
Ci sono comunque alcune eccezioni: Bonci per fare un esempio ci compra i polli.
Come detto sono eccezioni, ma la loro fiducia in noi è senza dubbio un elemento di incoraggiamento per continuare sulla nostra strada.
Non vendiamo invece alla GDO.
Mai dire mai, ma è molto poco probabile, se in questa intervista è passato il nostro pensiero, che in futuro accadrà. O che se dovesse accadere sarà qualcosa di rilievo sul nostro bilancio.
C’è qualcos’altro che vi piacerebbe condividere con i nostri lettori?
Questa primavera come tutti gli anni faremo qualche Open day in azienda.
Generalmente invitiamo i clienti iscritti sul nostro sito e solo dopo lo apriamo al pubblico. L’invito è quindi quello di registrarsi sul nostro sito e partecipare ai prossimi eventi in azienda.
Non esiste, lo ripetiamo, miglior certificazione dei propri occhi.
Entrate nelle aziende, fatevi un’idea di come si lavora e poi scegliete di comprare i prodotti che meritano. Se non potete farlo, analizzate quello che altre persone dicono di quelle aziende.
Insomma l’invito è a partecipare a questa nostra rivoluzione gentile.
Non sta all’Europa o al mercato decidere cosa va nei nostri piatti. Mangiare è in fondo un atto politico che dipende da ognuno di noi e che definirà il tipo di mondo che lasceremo ai nostri figli.
Grazie per aver letto questa lunga intervista, a Paleo Advisor per averci voluto ascoltare, ad Angelo, Roberto e Marta, collaboratori e colonne portanti della nostra azienda e a tutti i nostri clienti che ci permettono di continuare a fare ogni giorno e nonostante la fatica immane, quello in cui crediamo così profondamente.
Alessandro & Mariana