
24 Ott Allevamenti intensivi, quanto costano all’ambiente e alla nostra salute? » Giulia Scordia
I costi degli allevamenti intensivi su ambiente e salute: un problema in costante crescita
Gli allevamenti intensivi rappresentano un problema in costante crescita nel sistema agricolo italiano, dovuto al crescente consumo di carne. Quando si parla di allevamenti intensivi, la prima cosa che può venire in mente è il modo disumano in cui vengono trattati gli animali, costretti a vivere e purtroppo anche morire in condizioni pessime. La situazione di salute precaria degli animali porta poi ad un uso significativo di antibiotici nell’industria zootecnica, alimentando così il problema sempre più rilevante dell’antibiotico-resistenza.
Sebbene l’impatto a livello etico sia devastante, questo sistema di insediamenti industriali, alimentati da un flusso sproporzionato di fondi pubblici, ha un impatto che va ben oltre l’aspetto economico e la sofferenza degli animali. I costi che si celano dietro questi meccanismi sono il danno ambientale, l’inquinamento, le massicce emissioni di ammoniaca e la formazione di polveri sottili nell’aria.
Ma perché il costo ambientale risulta così alto? E perché ne risente anche la nostra salute?
Partiamo da un po’ di definizioni..
Un ecosistema è un sistema complesso formato da organismi che vivono in un determinato ambiente. Gli animali e le piante costituiscono le componenti biotiche dell’ecosistema, mentre il sottosuolo, l’aria e l’acqua, la luce, la temperatura, il clima ecc.. sono componenti abiotiche. Queste due componenti sono responsabili del ricircolo dell’energia che fluisce in un ecosistema, instaurando tra loro delle “relazioni” che portano ad un corretto equilibrio il sistema circostante. L’energia viene trasmessa, da gruppi di organismi a altri e da individuo a individuo, attraverso le catene alimentari, che rappresentano le principali vie di flusso energetico:
La catena del pascolo
Nella catena del pascolo, la fonte di energia è la biomassa vegetale viva, frutto della produzione da parte delle piante: le piante verdi, cioè i produttori primari, attraverso la reazione di fotosintesi che effettuano a partire dall’energia solare, producono macromolecole che vengono mangiate dagli erbivori pascolanti (consumatori primari) che a loro volta vengono mangiati dai carnivori (consumatori secondari).
La catena del detrito
Nella catena del detrito la fonte di energia è data dalla materia organica morta o detrito, in quanto spesso i resti degli animali morti rimangono nel terreno, dove risulterà fondamentale l’azione di animali detritivori ( quali insetti, vermi) che smantellano il corpo dell’animale, e da organismi decompositori (funghi e batteri) che lo consumano completamente, giocando un ruolo critico nel dare forma alla struttura e al funzionamento degli ecosistemi.
Questi due esempi di catene alimentari vengono spesso raffigurati in un circuito chiuso, che vuole dimostrare che ogni organismo ed ogni azione delle catene trofiche risulta fondamentale affinché vi sia un continuo e corretto ricircolo di energia e sostanze nutrienti all’interno dell’ecosistema, mantenendone l’equilibrio e la salute. Se l’ambiente in cui viviamo è in salute, si ripercuote positivamente anche sul nostro benessere.
L’impatto ambientale degli allevamenti intensivi
Dunque in che modo si potrebbero manifestare eventuali disagi dell’ecosistema causati dall’allevamento intensivo e in che modo le conseguenze si ripercuoterebbero sulla nostra salute?
1) Ammoniaca
Il settore zootecnico è quello che in assoluto emette la maggiore quantità di ammoniaca, a causa delle grandi quantità di reflui zootecnici prodotti, ricchi di questo inquinante: oltre ⅔ delle emissioni nazionali.
2) Azoto e nitrati
Nelle deiezioni animali sono contenute anche grandi quantità di composti azotati. Attraverso la distribuzione degli effluenti zootecnici (liquami, letame, ecc.) come fertilizzante, i composti azotati si trasferiscono sui terreni agricoli e nell’ambiente, dove l’accumulo di azoto può superare facilmente la capacità di assorbimento dei terreni; inoltre i composti azotati – in particolare i nitrati, altamente solubili – si trasferiscono dal suolo alle acque superficiali e alle falde, compromettendone la qualità.
Conseguenze sulla salute umana
L’ammoniaca liberata in atmosfera dagli allevamenti intensivi si combina con alcune componenti (ossidi di azoto e di zolfo) generando le polveri fini, molto pericolose per la salute umana in particolare in caso di esposizione cronica prolungata. In Italia gli allevamenti intensivi sono la seconda causa di formazione del particolato fine, essendo responsabili di quasi il 17% del PM2,53 (più del settore industriale, che ne emette il 10%).
Secondo l’EEA (l’Agenzia Europea per l’Ambiente), il PM 2,5 è stato responsabile di 46.800 morti premature in Italia nel solo 2021. Dati drammatici che posizionano l’Italia al secondo posto in Unione europea per morti premature causate dall’esposizione al PM 2,55
Come se non bastasse il rischio di nuove epidemie è altissimo. Le condizioni tipiche degli allevamenti intensivi infatti, come accennato all’inizio del presente articolo, oltre a provocare spesso sofferenze atroci per gli animali allevati, aumentano esponenzialmente il rischio di nuove zoonosi, sempre più frequenti e agevolate dalla presenza di tanti animali geneticamente simili rinchiusi in spazi ristretti.
Occorre ricordare che noi esseri umani siamo parte integrante di questo sistema ed il nostro compito dovrebbe essere quello di salvaguardarlo e rispettarlo, perché se ci pensiamo, se l’ambiente in cui viviamo non è in salute, di conseguenza non lo saremo neanche noi.
L’impronta ecologica dell’essere umano sulla Terra
Per valutare il “peso” esercitato dall’essere umano sulla Terra, viene usata quella che viene chiamata impronta ecologica.
Per calcolarla si prendono in esame fattori legati alle risorse utilizzate: la superficie di suolo di cui usufruiamo per allevare animali, per coltivare, per costruire strade ed edifici. A questi parametri spesso si aggiungono il modo in cui ci spostiamo, i consumi di acqua ed energia e la produzione di rifiuti. Attualmente stiamo usando l’equivalente di 1,5 pianeti Terra all’ anno. Per ridurre l’impronta ecologica bisognerebbe mettere in atto strategie come limitare l’uso delle risorse non rinnovabili, riciclare i rifiuti e risparmiare le risorse idriche.
Un cambiamento dovrebbe partire dal frenare l’ulteriore espansione degli allevamenti intensivi e limitare il numero di animali allevati in Italia. Sarebbe opportuno prediligere piuttosto le piccole aziende agricole in alternativa alle grandi industrie, promuovere alternative sostenibili all’allevamento intensivo, come l’agricoltura biologica e l’allevamento estensivo, che rispettano l’ambiente e il benessere degli animali.
Inoltre, è fondamentale ridurre il consumo di carne e latticini, optando per una dieta più equilibrata e a base vegetale.
Giulia Scordia
Dott.ssa in Scienze ambientali
Light trainer
Allevamenti etici e Grass Fed in Italia
Macellerie Grass Fed in Italia
In copertina: Creative Commons Zero (CC0) di Clarissa Schwarz
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