11 Feb Vitamina D: un ormone, più che una semplice vitamina » Dott. Francesco Balducci
La vitamina D svolge molteplici funzioni all’interno del corpo umano e quasi tutti ne siamo inconsapevolmente carenti.
Per molti anni, sin dalla sua scoperta avvenuta nel 1919, la Vitamina D o colecalciferolo, è stata considerata importante solo per la salute dell’apparato osteoarticolare, poiché facilita l’assorbimento del calcio e del fosforo dall’intestino tenue e ne diminuisce l’escrezione renale, concorrendo quindi alla corretta mineralizzazione dell’osso. In modo riduttivo, la vitamina D è stata associata soltanto alla prevenzione del rachitismo, dell’osteomalacia, dell’osteopenia e dell’osteoporosi. Queste ultime due condizioni sono estremamente frequenti in età avanzata e colpiscono soprattutto le donne dopo la menopausa, venendo meno anche il fattore protettivo anabolico rappresentato dagli estrogeni.
Ma la vitamina D, si è scoperto recentemente, ha molte funzioni e oggi viene considerata una sostanza vitamino simile ad azione ormonale, in quanto la sua forma attiva viene sintetizzata dall’organismo stesso e agisce su recettori cellulari, chiamati vitamin D receptors, VDR, rinvenuti in diversi organi, come reni, intestino, cervello, pancreas, pelle, apparato riproduttivo e naturalmente ossa.
Il termine vitamina può però essere considerato ancora corretto, perché la sua insufficiente assunzione dietetica determina caratteristiche forme cliniche carenziali, come il rachitismo.
Si tratta di una molecola liposolubile (come le vitamine A, E, K). Essa si forma da un precursore presente a livello epidermico, il 7 deidrocolesterolo, che in seguito all’esposizione solare dei raggi UVB, viene convertito in previtamina D3, a sua volta trasformata in vitamina D3. Quest’ultima viene veicolata nel siero da proteine specifiche, le Vitamine D binding protein, esattamente come molti ormoni, ad esempio il testosterone. La vitamina D3 subisce poi due trasformazioni importanti (idrossilazioni) nel fegato e nel rene, dando origine rispettivamente alla 25OH D3, o calcidiolo, che vien utilizzata come marker ematico di valutazione del livello di vitamina D, e la 1,25 ( OH )2 D, o calcitriolo, che è la forma attiva.
Il 90% della vitamina D3 viene pertanto prodotta a livello della cute in seguito ad esposizione solare e solo una piccola parte viene assunta direttamente con l’alimentazione, essendo presente nel merluzzo, nello sgombro, nel salmone, nel tonno, nelle sardine e meno nel tuorlo d’uovo, fegato e formaggio.
Questo lo schema in sintesi della sua formazione:
Oggi, purtroppo, si sta verificando una carenza sempre più diffusa di vitamina D circolante, basandoci sul marker ematico ricordato, ovvero il 25 OH D3, calcidiolo, secondo i seguenti valori:
- inferiore a 10 ng/mL deficit grave
- inferiore a 20 ng/ mL deficit
- inferiore a 30 ng/mL insufficienza
- da 30 a 150 ng/mL ( secondo altre tabelle 120 ng/ml ) normalità
- superiore a 120-150 ng/mL possibile tossicità
Altri autori, fedeli a linee guida obsolete e non aggiornate in seguito a numerosissimi studi recenti sulle altre funzioni della vitamina D, considerano quale range ideale i valori compresi tra 30 e 50 ng/mL e ipotizzano eventuali effetti collaterali tra i 50 e 150 ng/mL, in realtà mai definiti.
Le cause di questa carenza diffusissima con valori sotto i 30 ng/mL e sovente anche sotto i 20 ng/mL, sono molteplici e dovute soprattutto alla scarsa esposizione solare, a parte i mesi estivi, e alla scarsa qualità del cibo con ridotto apporto di nutrienti che soddisfino il fabbisogno giornaliero. Anche l’utilizzo di creme solari con filtri protettivi da una parte riduce il rischio di foto invecchiamento, dall’altra, però, riduce la produzione di provitamina D3 anche del 99%.
È quindi di fondamentale importanza individuare per ognuno la quota minima necessaria di esposizione ai raggi UVB, che hanno azione eritemogena, cioè determinano arrossamento, in base al proprio fototipo, alla latitudine e stagione. Le persone dalla pelle scura, avendo un quantitativo alto di melanina, che compete con il 7 deidrocortisolo ( la provitamina D3), richiederanno un’esposizione al sole molto più prolungata dei soggetti a fototipo chiaro. Contrariamente a quanto viene consigliato, l’orario migliore per la produzione di vitamina D è quella centrale del giorno, tra le 12 e le 14 e non nelle prime ore del mattino o ultime del pomeriggio, almeno da marzo ad ottobre alle nostre latitudini. Occorre cercare quindi un compromesso per osservare sia la fotoprotezione antiaging sia la produzione di vitamina D.
In linea generale sono sufficienti dai 10 ai 30 minuti al giorno di esposizione solare per produrre almeno 15000 U.I. Sottolineo che basta esporre braccia o gambe e non necessariamente solo il viso che potrà essere fotoprotetto con creme ad azione antiaging.
In seguito ai recenti studi sulla vitamina D ad azione ormonale, sono state individuate molte altre funzioni importantissime oltre quella, nota a tutti, di protezione del distretto ostearticolare e prevenzione dalle fratture ossee, conseguenti a fragilità osteoporotica.
Vediamo ora in sintesi quali sono le funzioni della Vitamina D:
- Effetti scheletrici
- Effetti extrascheletrici
- Effetti epigenetici
Effetti scheletrici
La vitamina D, come già evidenziato, è fondamentale per mantenere le concentrazioni plasmatiche ideali del calcio e del fosfato, indispensabili per la corretta mineralizzazione dell’osso. Si è visto che a tale scopo la vitamina D lavora in sinergia con la vitamina K2 (MK7, menachinone) che andrebbe sempre assunta insieme con adeguato rapporto, in caso di supplementazione. La vitamina K2 determina un aumento della carbossilazione della osteocalcina, proteina importantissima per la salute ossea. È d’uopo ricordare che la vitamina D sostiene anche le funzioni calcio dipendenti come l’attività neuromuscolare, la coagulazione del sangue e l’attività cardiaca. L’omeostasi calcemica dipende però da altri fattori, quali il paratormone, la calcitonina, il Ph, la fosforemia e l’apporto di calcio con la dieta.
Effetti extrascheletrici
Funzione regolatrice del sistema immunitario:
Il suo recettore VDR è presente in quasi tutte le cellule del sistema immunitario, tra i quali gli stessi macrofagi che possono favorire la produzione di Vitamina D attivata. Alcuni studi recenti hanno messo in relazione bassi livelli di vitamina D con l’insorgenza di artrite reumatoide, sclerosi multipla, diabete, asma e infezioni respiratorie, concludendo che la vitamina D potrebbe avere un effetto protettivo nei riguardi di tali patologie.
Funzione antiproliferativa:
Molti studi abbracciano l’ipotesi che la vitamina D possa ridurre il rischio di sviluppare forme tumorali. In particolare è stato riportato che una concentrazione superiore a 32 ng/mL può ridurre del 50% il rischio di carcinoma mammario e del colon-retto. Questo sarebbe dovuto al coinvolgimento della vitamina D nei meccanismi regolatori della proliferazione e di apoptosi (morte programmata) cellulare, agendo sull’espressione di oltre 200 geni.
Funzione muscolare:
La vitamina D esercita un’azione anti sarcopenica, ovvero contrasta il decadimento di massa muscolare e di forza età correlato, che si verifica frequentemente dopo la menopausa nella donna e la progressiva carenza di ormoni androgeni, nell’uomo. In pratica dopo i 50 -55 anni. Esiste un rapporto direttamente proporzionale tra vitamina D e testosterone. Non dimentichiamoci che entrambi, come del resto anche estrogeni e progesterone, derivano dal colesterolo.
Funzione antiipertensiva:
Alcuni studi hanno evidenziato il rapporto tra vitamina D e problemi di ipertensione, sottolinenando la relazione tra la 1,25 OH 2 D e la renina dell’apparato iuxtaglomerulare, implicata nella regolazione della pressione arteriosa.
Funzione antineurodegenerativa:
Sono recentissimi gli studi sulla vitamina D e la funzione protettiva nei confronti della depressione e delle neurodegenerazioni, tra le quali il devastante e dilagante Alzheimer – Perusini, considerata ormai forma a genesi infiammatoria e da taluni chiamata addirittura diabete tipo 3.
Effetti epigenetici
La vitamina D agisce modificando l’espressione di oltre 2000 geni implicati nella produzione di svariate molecole e condizionando favorevolmente l’attività di cellule, tessuti, organi, apparati per un perfetto funzionamento del nostro organismo. Non sono ancora note tutte le interazioni e le sorprendenti azioni di questa molecola straordinaria che è stata considerata per troppo tempo come una semplice vitamina.
Cosa fare?
Controllare periodicamente, ogni sei mesi, il proprio livello di vitamina 25OH D3. In caso di carenza, assumere vitamina D ogni giorno sino ad arrivare ad un livello ideale compreso tra i 50 e gli 80 ng/mL se esenti da patologie degenerative, immunitarie e osteoarticolari. In tali casi, si può arrivare anche sino ai 120-150 ng/mL secondo diversi studi recenti.
E’ molto meglio un’assunzione quotidiana rispetto ad un’assunzione settimanale o addirittura mensile, in quanto viene garantito un livello giornaliero ideale. L’assunzione andrebbe fatta al mattino o a pranzo sempre con un pasto ove siano presenti grassi ( mandorle, uova, pesce, carne ), poiché è liposolubile e sempre in associazione, come già ricordato di vitamina K2. In linea generale sono sufficienti 180 mcg di vit K2, salvo esigenze particolari. Secondo alcuni autori si dovrebbero assumere 100 mcg di K2 per ogni 1000 UI di vit D. A mio avviso sono sufficienti 4000 UI di vit D giornaliera per garantirsi tutti i benefici di questo ormone benefico.
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Vitamin D Axis in Inflammatory Bowel Diseases: Role, Current Uses and Future Perspectives
Int. J. Mol. Sci. 2017, 18, 2360; doi:10.3390/ijms18112360
Abstract: “Prove crescenti supportano il concetto che l’asse della vitamina D possiede funzioni immunoregolatrici, con lo stato del recettore della vitamina D (VDR) che rappresenta il principale determinante degli effetti pleiotropici della vitamina D. La vitamina D promuove la produzione di peptidi antimicrobici, comprese le β-defensine e le catelicidine, lo spostamento verso le risposte immunitarie Th2 e regola l’autofagia e l’integrità della barriera epiteliale.L’alterazione dei percorsi mediati dalla vitamina D è associata a condizioni infiammatorie croniche, comprese le malattie infiammatorie intestinali (IBD). È interessante notare che l’inibizione dei percorsi della vitamina D porta alla disbiosi del microbioma intestinale, che è stato meccanicamente implicato nello sviluppo di IBD. Qui, esploriamo il ruolo dell’asse della vitamina D nelle malattie immuno-mediate, con particolare attenzione alla sua interazione con il microbioma intestinale nella patogenesi dell’IBD”.