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La Verità sulla Scienza della Nutrizione » Evoplus Lifestyle Revolution

La Verità sulla Scienza della Nutrizione

Dal momento in cui, durante la nostra evoluzione, sviluppammo capacità cognitive e di pensiero astratto, l’uomo inizio a giocare il ruolo di Dio. Da quell’istante in poi, l’animale uomo scombinò drammaticamente tutti gli equilibri naturali creatisi in milioni di anni di evoluzione.

Abbiamo corso troppo, specialmente negli ultimi 10000 anni. Nonostante agimmo sempre in buona fede, con l’obiettivo di migliorare noi stessi e le nostre condizioni di vita, abbiamo commesso tanti inconsapevoli errori di cui ancora oggi ne paghiamo le conseguenze.

Con l’avvento della rivoluzione scientifica e il metodo sperimentale di Galileo Galilei, iniziammo a capire un po’ la natura e tutto ciò che ci circonda. È vero, siamo stati bravini. Abbiamo messo piede sulla luna, possiamo osservare gli angoli più remoti dell’universo, creare una vita attraverso fecondazione artificiale e persino clonare esseri viventi.

Tuttavia, la ricerca scientifica è stata e continua ad essere soggetta all’errore umano. Nonostante proviamo con tutte le nostre forze attraverso la scienza a giocare il ruolo di creatori di cielo e terra, non saremo mai perfetti come madre natura.

L’unica cosa che possiamo fare con i nostri metodi scientifici è capire come funziona la natura e “assecondarla”, senza intralciare i suoi piani e vivendo di conseguenza in armonia con essa.

Dove vogliamo arrivare con questa premessa?

La scienza della nutrizione non è immune agli errori umani. Anzi, possiamo dire che è una delle scienze applicate più sbagliate di sempre.

LA STORIA DELLE LINEE GUIDA ALIMENTARI

Siamo negli anni ’50. La ricostruzione dopo i danni della seconda guerra mondiale conduce presto ad una grande crescita economica che portò a produrre molti più beni di quelli necessari. La paura della guerra e della carestia che la accompagnò, portò a riempirci la vita di oggetti inutili e anche la pancia, inconsciamente per far fronte ad un eventuale nuovo periodo di carestia.

Questo e altri fattori condussero negli anni successivi a tassi sproporzionatamente elevati di mortalità per cardiopatia coronarica negli uomini americani. Seguirono studi che investigarono il ruolo dei fattori alimentari, tra cui colesterolo, fitosteroli, calorie eccessive, aminoacidi, grassi, carboidrati, vitamine e minerali nell’influenzare il rischio di malattie cardiovascolari [1].

In questa notizia, l’industria agricola produttrice di barbabietole da zucchero vede una grande opportunità: convincere gli americani a consumare una dieta povera in grassi e alta in carboidrati per promuovere la salute [2].

Ma come convincere la comunità scientifica e l’opinione pubblica americana che i grassi sono dannosi mentre gli zuccheri no? C’è molta ignoranza sul tema e basta formulare un’ipotesi logica: più grassi e colesterolo si introducono con la dieta, più le nostre arterie vengono intasate da essi con conseguente rischio di sviluppare malattie cardiovascolari.

Infatti, molti scienziati dell’epoca aveva identificato colesterolo e grassi saturi come principali fattori di rischio per il sovrappeso e le malattie cardiovascolari.

Di conseguenza, l’industria alimentare che lavora sempre in sinergia con la scienza, inizia a produrre più zucchero, cereali e meno prodotti di origine animale. Gli scaffali dei supermercati si affollano di bevande zuccherate, cereali da colazione, marmellate. Nascono infinite linee di prodotti dal marchio LOW FAT.

Nel 1954, nell’articolo “What’s new in the sugar research”, parla Henry Hass, il presidente della Sugar Research Foundation:

“I nutrizionisti leader stanno evidenziando la connessione chimica tra la dieta ad alto contenuto di grassi e la formazione di colesterolo che in parte tappezza le nostre arterie e capillari, limita il flusso di sangue, aumentando di conseguenza la pressione sanguigna e problemi di cuore […] se si mette un uomo di mezza età su una dieta a basso contenuto di grassi, ci vogliono solo cinque giorni per il colesterolo nel sangue per arrivare a dove dovrebbe essere […] Se le industrie dello zucchero dovessero recuperare questo 20 per cento delle calorie nella dieta statunitense (la differenza tra il 40 per cento che il grasso ha e il 20 per cento che dovrebbe avere) e se lo zucchero mantenesse la sua quota attuale sul mercato, questo cambiamento significherebbe un aumento del consumo pro capite di zucchero di più di un terzo con un enorme miglioramento della salute generale.” [2]

In seguito a ipotesi troppo scontate e conclusioni altrettanto affrettate, la dieta dell’uomo viene basata su carboidrati e zuccheri.

Intanto, nel 1943 viene fondato il Comitato di Ricerca sullo Zucchero “Sugar Research Foundation”. Come Big Tobacco ha il suo comitato scientifico, il Tobacco Industry Research Committee, anche la lobby dello zucchero ha la Sugar Research Foundation, pronta a creare un alone di evidenze scientifiche a favore dei propri prodotti al fine di aumentare le vendite.

A tal fine, l’industria dello zucchero spenderà 600.000 dollari (5,3 milioni di dollari nel 2016) per insegnare “alle persone che non hanno mai frequentato un corso di biochimica […] che lo zucchero è ciò che mantiene vivo e con energia ogni essere umano per affrontare i nostri problemi quotidiani” [2].

Credeteci o no, gran parte della scienza della nutrizione procede ancora oggi con queste modalità di ricerca.

L’industria finanzia la ricerca scientifica per investigare gli effetti di un determinato alimento sulla salute umana, come per la storia della colazione (leggi qui). Viene creato indirettamente un alone positivo su un determinato prodotto, al fine di indurne il consumo [3].

Cosa dovrebbe concludere uno studio finanziato da un’azienda ultramiliardaria che produce zucchero? Che quest’ultimo è dannoso per la salute umana e quindi ne va limitato il consumo? 

Nessuno a questo mondo fa beneficenza. Le industrie fanno finanziamenti alla scienza e non donazioni, appunto perché un finanziamento deve tornare indietro in qualche modo sotto forma di profitto.

Osservate attentamente l’immagine qui di fianco. Notate qualcosa di strano?

Purtroppo non sono ipotesi, congetture o teorie del complotto bensì realtà. Oggi, alla luce di questi fatti di cui parleremo dettagliatamente in seguito, gli autori degli studi clinici sono obbligati a dichiarare l’assenza di conflitto di interesse con gli enti finanziatori della ricerca. Tuttavia, non sarà di certo tale dichiarazione a porre fine al rapporto non trasparente tra scienza e industria.

Torniamo al discorso della vicenda zucchero vs grassi. Sempre nello stesso periodo storico, un altro “genio”, in seguito a una vacanza fatta in Italia, arrivo alla conclusione che i grassi e il colesterolo fossero il male assoluto. Andavano sostituiti al più presto possibile con carboidrati provenienti da cereali e zuccheri. Stiamo parlando di Ancel Keys, l’inventore della dieta mediterranea.

Con il suo studio sulle 7 nazioni, “The 7 Nation Study”, Keys diede altro materiale scientifico su cui basare le nuove linee guida alimentari. Il problema è che questo studio era pieno di errori metodologici, bias e preconcetti dello stesso Keys. Uno studio molto grossolano in cui Keys scartò tutte le evidenze che contrastavano la sua tesi e incluse quelle che la favorivano.

All’epoca, molti scienziati erano scettici sulle affermazioni di Keys. Uno di questi critici era Jacob Yerushalmy, Ph.D., fondatore del programma di laurea in biostatistica presso l’Università della California a Berkeley.

In un articolo del 1957, Yerushalmy ha sottolineato che, mentre i dati dei 6 paesi che Keys esaminò sembravano sostenere l’ipotesi di problemi cardiaci e dieta, le statistiche erano effettivamente disponibili per ben 22 paesi. E quando tutti e 22 sono stati analizzati, l’apparente legame tra consumo di grassi e malattie cardiache è scomparso [4].

 

In figura sottostante: a sinistra i dati di Keys mentre a destra quelli di Yerushalmy.

 

Forse per conflitto di interesse, forse per errore involontario o accecato dalle sue credenze, Ancel Keys ha omesso ben 16 altri paesi come la Francia, dove il consumo di grasso animale era quasi quattro volte superiore a quello del Giappone ma il rischio di morire di infarto era pressoché uguale ai giapponesi. Il Messico è un altro paradosso: si consuma tre volte la quantità di grasso rispetto al Giappone ma il rischio di infarto è addirittura minore dei giapponesi. Questo insieme ad altri numerosi bias erano problemi che rendevano lo studio di Keys inattendibile (studio citato ancora oggi da molti nutrizionisti).

Nonostante, una grande parte della comunità scientifica tra cui scienziati come John Yudkin, fossero scettici riguardo alla sicurezza dello zucchero sulla salute umana [5-7], il connubio scienza e industria continuo sulla linea di Keys. Grassi saturi e colesterolo uguale a morte. Zucchero e carboidrati uguale sana e lunga vita.

 

Si arriva agli anni ’80 con le seguenti linee guida per la popolazione americana, poi passate al resto del mondo [8]:

  • Per assicurare una dieta adeguata, mangiare una varietà di cibo tra cui frutta, verdura, cereali integrali, pane arricchito di fibre, prodotti a base di cereali, legumi (fagioli e piselli secchi), latte, formaggio, yogurt, carni, pollame, pesce e uova.
  • Mantenere un peso corporeo ideale, basandosi principalmente sul bilancio calorico giornaliero.
  • Evitare troppo grasso, grasso saturo e colesterolo per prevenire problemi cardiovascolari.
  • Mangiare cibi con adeguato contenuto di amidi e fibre, sostituendo ai grassi e agli zuccheri cibi come cereali integrali, prodotti a base di cereali, legumi, verdura e frutta.
  • Evitare troppo zucchero aggiunto per prevenire carie dentali.
  • Evitare di consumare troppo sale.
  • Se si beve alcol, farlo con moderazione.

Una dieta quindi basata sui carboidrati da cereali e legumi, che devono garantire almeno un 55% delle calorie giornaliere. Si raccomanda di evitare troppo zucchero, è vero, ma dopo 30 anni i danni sono ormai fatti. Tutt’oggi l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda che un 10% delle calorie giornaliere deve provenire da zuccheri liberi. Ma raccomandano anche: per ulteriori benefici ridurlo al 5%.

Oggi sappiamo che lo zucchero libero, quella polverina bianca nelle bustine da caffè, arreca danni enormi alla salute. Perché non ridurlo allo 0%? Se eliminassimo completamente il saccarosio, nei supermercati rimarrebbe ben poco.

STORIA DI ERRORI E CORRUZIONE

Oltre ad errori metodologici e preconcetti, c’è dell’altro che macchia indelebilmente la storia della nutrizione e delle linee guida alimentari: gli interessi economici e la corruzione. Ancel Keys, i suoi colleghi e la Sugar Research Foundation vincono la prima battaglia nella guerra zucchero contro grassi, ma la controversia non finisce qua.

Successivamente agli anni ’80, la comunità scientifica continua a investigare i potenziali danni dello zucchero e vengono pubblicati numerosi studi che lo accusano di essere un principale responsabile non solo per le malattie cardiovascolari, ma anche per obesità e diabete. 

La controversia infinita, che durerà fino al 2016, suscita alcuni sospetti.

Si decide quindi di investigare se ci fossero state azioni illegali e disonestà scientifica che avessero sviato l’attenzione dal saccarosio (nome scientifico dello zucchero da tavola).

Già in molti pensavano che qualcuno, che nei propri studi avesse tanto avuto a cuore l’innocenza del saccarosio, avrebbe ricevuto soldi dalla lobby dello zucchero e quindi manipolato gli studi in suo favore.

Rimasero tutte congetture e teorie del complotto fino al 2016, quando Cristin E. Kearns, post docente dell’Università della California, ha scoperto negli archivi di Harvard, dell’Università dell’Illinois e di altre biblioteche numerosi documenti scottanti.

Questi ultimi mostravano che nel 1964, John Hickson, un dirigente di punta dell’industria saccarifera, ha discusso un piano con altri esponenti del settore per spostare l’opinione pubblica “attraverso la nostra ricerca, l’informazione e i programmi legislativi”, a favore dello zucchero [8]. Il sig. Hickson ha proposto di contrastare i risultati allarmanti sullo zucchero con delle ricerche finanziate dall’industria. Poi possiamo pubblicare i dati e confutare i nostri detrattori”, ha scritto [9].

Ma la spy story si infuoca quando vengono scoperti dei documenti che svelano che un gruppo commerciale chiamato Sugar Research Foundation, oggi conosciuta come Sugar Association, ha pagato a tre scienziati di Harvard l’equivalente di circa 50.000 dollari di oggi [10] per pubblicare una recensione del 1967 della ricerca su zucchero, grasso e malattie cardiache [11].

Gli studi utilizzati nella revisione sono stati selezionati dal gruppo dello zucchero, e l’articolo, che è stato pubblicato nel prestigioso New England Journal of Medicine, ha minimizzato il legame tra zucchero e salute del cuore e demonizzato il ruolo dei grassi saturi e colesterolo [9,11].

I documenti interni dell’industria dello zucchero, recentemente scoperti Cristin E. Kearns, ricercatore dell’Università della California, e pubblicati in Journal of American Medical Association Internal Medicine, suggeriscono che

cinque decenni di ricerca sul ruolo della nutrizione e delle malattie cardiache, comprese molte delle raccomandazioni alimentari di oggi, possono essere stati in gran parte modellati dall’industria dello zucchero [9].

Anche se le influenze dell’industria rivelate nei documenti risalgono a quasi 50 anni fa, rapporti più recenti mostrano che l’industria alimentare ha continuato a influenzare la scienza della nutrizione. Ad esempio, nel 1971, ha suggestionato il “National Institute of Dental Research’s National Caries Program” per spostare la sua enfasi su interventi per prevenire la carie dentale diversi da quelli di limitare il saccarosio [12].

L’industria ha commissionato una revisione, “Sugar in the Diet of Man”, che influenzò favorevolmente la valutazione del 1976 della Food and Drug Administration statunitense sulla sicurezza dello zucchero [13].

Anni fa, un articolo del New York Times ha rivelato che la Coca-Cola, il più grande produttore mondiale di bevande zuccherate, aveva fornito milioni di dollari di finanziamenti a ricercatori che hanno cercato di minimizzare il legame tra bevande zuccherate e obesità, affermando che ci sono “forti prove” che la chiave per prevenire l’aumento di peso non è ridurre l’assunzione di cibo (come molti esperti di salute pubblica raccomandano) “ma mantenere uno stile di vita attivo e mangiare più calorie”.

Nel mese di giugno 2017, l’agenzia di stampa americana ha riferito che i produttori di caramelle hanno finanziato studi che sostenevano che i bambini che mangiano caramelle tendono a pesare meno di quelli che non lo fanno [14].

Inoltre, una recente meta-analisi di studi sulle bevande zuccherate, pubblicata sulla rivista PLOS Medicine, ha trovato che gli studi finanziati da Coca-Cola, PepsiCo, l’American Beverage Association e l’industria dello zucchero erano cinque volte più propensi a non trovare alcun legame tra bevande zuccherate e aumento di peso rispetto agli studi i cui autori non hanno riportato conflitti finanziari [15].

Secondo i risultati di Cristin E. Kearns e collaboratori, le loro analisi e le attuali critiche della Sugar Association sulle prove che collegano il saccarosio alle malattie cardiovascolari suggeriscono che l’industria potrebbe avere una lunga storia di influenza sulla politica federale e sulle linee guida per una corretta alimentazione. 

“Sono stati in grado di far deragliare la discussione sullo zucchero per decenni,” ha detto Stanton Glantz, professore di medicina all’Università della California e autore del documento JAMA Internal Medicine [12]. Lo studio di Kearns, Schmidt e Glantz suggerisce che l’industria dello zucchero ha sponsorizzato il suo primo progetto di ricerca nel 1965 per minimizzare i segnali di allarme precoce che il consumo di saccarosio era un fattore di rischio per le malattie coronariche.

A partire dal 2016, le politiche di controllo dello zucchero sono state promulgate in sedi internazionali, federali, statali e locali ma tuttavia, il rischio di malattie coronariche viene citato in modo incoerente come conseguenza del consumo di zuccheri aggiunti.

Poiché le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte a livello globale, la comunità sanitaria dovrebbe garantire che i rischi siano valutati meglio in futuro.

I comitati politici dovrebbero prendere in considerazione la possibilità di dare meno peso agli studi finanziati dall’industria alimentare [12].

Ovviamente, i documenti utilizzati in questa ricerca forniscono una stretta finestra nelle attività dell’industria dello zucchero. Pertanto è difficile da convalidare che tali documenti sono rappresentativi della totalità dei materiali interni della Sugar Research Foundation relativi al progetto degli anni ’50 e ’60 o che è stato dato il giusto peso ad ogni fonte di dati. Inoltre, Kearns e colleghi non hanno potuto direttamente intervistare gli scienziati interessati perché ad oggi sono tutti deceduti.

Come l’industria del tabacco sviò la questione sui danni del fumo, anche la lobby dello zucchero minimizzò i danni dei loro prodotti sulla salute umana.

La vicenda dello zucchero non finisce di certo qua. La scienza della nutrizione continua ad avere troppe relazioni non chiare e conflitti di interesse con le industrie, che continuano a modellare le nostre abitudini alimentari secondo fini economici piuttosto che di promozione della salute pubblica.

I documenti che Kearns e colleghi hanno esaminato potrebbero essere soltanto la punta dell’iceberg.

Parte della scienza è affetta da un cancro molto aggressivo che si chiama denaro e potere. Il connubio scienza-industria alimentare continua a plasmare non solo il modo in cui mangiamo, ma anche la nostra cultura.

NEL FRATTEMPO LA VERITÀ VIENE A GALLA

Arriviamo al 6 settembre 1999 e sulla copertina del Time, prestigiosa rivista americana che diffonde le ultime scoperte scientifiche, compare uno smile con due uova al posto degli occhi e una fetta di melone sorridente affiancata al titolo “colesterolo, le buone notizie”.

Nel 1997, Ancel Keys ormai in pensione, in un momento di onestà intellettuale o forse perché l’industria aveva chiuso il rubinetto dei finanziamenti, ha dichiarato: “Il colesterolo negli alimenti non ha alcun effetto sul colesterolo nel sangue e lo abbiamo sempre saputo”.

Finalmente si scopre la verità: il colesterolo che assumiamo con la dieta contribuisce solo al 15% del livello di colesterolo nel sangue mentre ben l’85% viene prodotto dal fegato in seguito ad una dieta alta in carboidrati e zuccheri [16].

Per 40 anni ci siamo preoccupati a ridurre uova e carni grasse inutilmente e ci siamo riempiti la pancia di carboidrati e zuccheri che, aumentando la produzione di insulina e impedendo di conseguenza l’uso dei grassi come fonte energetica, consentono il loro accumulo in grasso viscerale, sottocutaneo e placche aterosclerotiche nei vasi sanguigni. Oggi i vari miti del colesterolo e malattie cardiovascolari sono stati definitivamente sfatati e non esiste correlazione alcuna tra infarti e colesterolo [16].

Al contrario, questa molecola gioca un ruolo di primaria importanza nel corpo umano, espletando funzioni digestive e metaboliche, garantendo un corretto sviluppo embrionale, fungendo da base per la sintesi di molti ormoni nonché mantenendo in salute le nostre membrane cellulari di cui il colesterolo è un componente essenziale [16].

Tuttavia, non finisce qua. Nel 2014 sul Time appare un’altra copertina che lascia di stucco tutti.

“Mangiate il burro. Gli scienziati etichettarono il grasso come nemico ma si sbagliavano”.

Come il mito del colesterolo, anche quello del burro e dei grassi saturi viene sfatato. Un’ampia ricerca ha infatti confermato che il consumo di burro è debolmente legato alla mortalità, mentre il legame con le malattie cardiovascolari è sostanzialmente nullo. Inoltre, si è persino riscontrato un leggero effetto protettivo nei confronti del diabete. Risultato che è stato possibile ottenere analizzando i dati di nove differenti ricerche (una meta-analisi), che hanno coinvolto un totale di oltre 636.000 soggetti.

Nel periodo preso in esame si sono registrati 28 271 decessi, 9.783 casi di malattie cardiovascolari e 23.954 casi di insorgenza di diabete, al netto di 14 grammi di burro (una quantità pari a un cucchiaio) consumati al giorno [17].

Le conclusioni alle quali si è giunti è che l’associazione tra consumo di burro e mortalità totale è debole, mentre quella con qualsiasi tipo di malattia cardiovascolare è insignificante. Quanto al rapporto con il diabete, l’effetto protettivo rimane tutto da investigare.

Dopo quasi 60 anni il burro venga scagionato, configurandosi quindi come un’opzione neutra rispetto ad alcune indubbiamente nocive (margarina in primis) e ad altre più salutari (come l’olio extravergine d’oliva) [17].

Per quasi sei decenni la scienza della nutrizione umana si è sbagliata. Chiamarlo un fallimento è riduttivo dal momento che le malattie cardiovascolari sono ancora la prima causa di morte al mondo.

LATTE E LATTICINI: UN’ALTRA DIATRIBA

Discorso analogo per il latte e latticini che da decenni, insieme a cereali e legumi, compongono la base della piramide alimentare. L’ipotesi anche qui è abbastanza logica: le ossa sono composte per la maggior parte da calcio, quindi per mantenerle sane e forti dobbiamo bere tanto latte vaccino che contiene calcio.

Questa ipotesi ha instradato la direzione presa dalla ricerca scientifica dal dopoguerra ad oggi. E se ci pensiamo in modo logico, “più calcio più ossa forti”, questa teoria non fa una piega. Peccato che il corpo umano non funziona proprio così.

Diversi studi hanno evidenziato che più calcio introduciamo con la dieta e più calcio viene espulso attraverso le urine. Di conseguenza, l’assorbimento del calcio non è legato alla quantità introdotta con la dieta bensì da altri fattori. Tra questi le concentrazioni di vitamina D3 e K2 nel sangue, ormoni come estrogeni e testosterone, livello di attività fisica (in particolare allenamenti con i pesi) e una dieta alcalina favoriscono l’assorbimento e ritenzione di calcio nel tessuto osseo.

Tralasciando ora il ruolo del calcio nella fisiologia umana, se facciamo una ricerca nei database scientifici scopriamo che ci sono moltissimi studi sul latte contrastanti.

Molti studi concludono addirittura che un alto consumo di latte e formaggi provochi l’osteoporosi e aumenti il rischio di fratture ossee [18-21]. Inoltre, è interessante notare che nei paesi scandinavi, dove il consumo di latticini pro capite è tra i più alti al mondo, notiamo anche il più alto tasso di fratture ossee [22].

Infatti ai primi posti troviamo Danimarca, Svezia, Austria, Norvegia, Svizzera e Irlanda [22]. In fondo alla classifica, con il minor tasso di fratture ossee mondiale troviamo paesi asiatici, sud americani e africani, dove il consumo di latticini è tra i più bassi al mondo è [22]. Coincidenze?

È vero, ci sono anche altri fattori in gioco come ad esempio l’esposizione al sole e la conseguente produzione di vitamina D. Infatti, oggi è ampliamente dimostrato che la vitamina D è il direttore d’orchestra della salute delle nostre ossa e non il calcio, come si è da sempre creduto.

In assenza di raggi solari e i fattori precedentemente elencati, una dieta ricca di latticini e quindi di calcio provoca calcificazione arteriosa, che conduce a una riduzione dell’elasticità dell’arterie, con conseguente aumento di pressione sanguigna e quindi maggiore probabilità di morire per un infarto [23-26]. Oltre al problema di una dieta ad alto contenuto di latticini e fratture ossee, oggi abbiamo a disposizione moltissimi studi che evidenziano il legame tra latte vaccino e permeabilità intestinale, malattie autoimmuni, allergie, obesità e addirittura diversi tipi di cancro [27-37].

Ma come, il latte non serviva a migliorare la salute del nostro scheletro? La questione “latte sì o latte no” è ancora più controversa della faccenda “zucchero contro colesterolo e grassi saturi”.

Questi sono solo pochi studi che vanno in direzione opposta alla comune credenza che il latte vaccino sia un alimento fondamentale per la salute umana. Certamente il latte materno, come in tutti i mammiferi su questo pianeta, è importantissimo allo sviluppo della prole per ovvie ragioni. Ma veramente l’uomo, anche dopo lo svezzamento, deve continuare a ciucciare latte che per di più proviene da un bovino?

PERCHÉ TUTTA QUESTA CONFUSIONE?

Vedete, fare uno studio sulla nutrizione è forse la cosa più difficile al mondo, soprattutto se stiamo investigando i benefici o gli effetti negativi di un determinato alimento.

Negli studi in cui si somministra un alimento, ad esempio il latte, in maggiori quantità o semplicemente si aggiunge a una determinata dieta, come facciamo a capire se è “grazie al latte” o è per “colpa del latte” che avvengono certi cambiamenti?

Le persone non mangiano solo latte ma mangiano anche carne o non la mangiano, mangiano verdura o non la mangiano, frutta o no, fanno attività fisica o no eccetera eccetera. Possiamo elencare infinite variabili che entrano in gioco e che interferiscono con il risultato finale. Nonostante gli studi sulla nutrizione vengano fatti con criteri che tengano conto di molte variabili, è impossibile pensare di controllare tutte le interazioni in gioco.

Facciamo un esempio pratico: prendiamo 100 soggetti di sesso femminile e li dividiamo in due gruppi da 50. A entrambe i gruppi somministriamo una dieta mediterranea ed esercizio fisico tre volte alla settimana. Al primo gruppo diamo 3 bicchieri di latte al giorno mentre al secondo gruppo no. Vogliamo investigare se il latte ha degli effetti favorevoli sulla composizione corporea. Bene, lo studio dura tre mesi.

Nonostante sembri tutto standardizzato, ci sono infinite altre variabile che possono influire in modo significativo sullo studio, compromettendone i risultati. Ad esempio se nel gruppo 1 per caso vanno a finire i soggetti con una migliore predisposizione genetica all’aumento di massa muscolare e nel gruppo 2 no, lo studio è già bello che sballato. Se nel gruppo 1 i partecipanti si allenano svogliatamente mentre nel gruppo 2 danno il 100% in allenamento, le conclusioni dello studio saranno un’altra volta inattendibili.

Inoltre, quanto dormono in media questi soggetti? Fanno un lavoro sedentario o manuale? Sono in una relazione o sono single? Fanno regolarmente attività sessuale? Sono stressate o no? Che dieta facevano prima dello studio? Che situazione ormonale hanno i partecipanti? Hanno un ciclo mestruale regolare o no? Hanno intolleranze alimentari o no? Hanno subito interventi chirurgici negli anni precedenti o no? Prendono medicinali o no? Sono felici o no? Vanno ad allenarsi in macchina, in bici, a piedi o con i mezzi pubblici? Infinite variabili sono coinvolte e nonostante siano standardizzate statisticamente, qualcosa che scappa c’è sempre (direi anche più che qualcosa).

La difficoltà di condurre studi sulla nutrizione obiettivi, insieme all’errore umano, metodologico, di preconcetti, di filosofie personali e di conflitto di interesse tra industrie e enti di ricerca, hanno riempito i database scientifici di studi contrastanti e ricerche spazzatura. Tutti dicono il contrario di tutto. Quello che faceva male ieri sarà un toccasana domani.

Purtroppo la situazione è questa. La scienza della nutrizione tradizionale è il risultato di troppi errori, preconcetti e conflitti di interesse che non solo hanno sancito quello che dovrebbe essere nel nostro piatto bensì anche le nostre strutture sociali, culturali e il sistema economico contemporaneo.

CHI HA RAGIONE?

Ancel Keys o John Yudkin, zucchero o colesterolo, grassi saturi o cereali, latte sì o latte no, dieta vegana o dieta mediterranea? Potremo andare avanti cosi all’infinito. “La verità NON sta nel mezzo”.

Alla domanda “chi ha ragione” rispondiamo semplicemente: LA NATURA E L’EVOLUZIONE UMANA.

L’attività fisica, il sonno, l’esposizione al sole e il fabbisogno alimentare di ogni organismo vivente (compresi gli esseri umani) sono determinati geneticamente [38].

Ebbene sì, siamo programmati geneticamente per accettare determinati alimenti, ben diversi da oltre il 75% di quelli che troviamo nel supermercato: il CIBO SPECIE-SPECIFICO. Tra questi ci sono carni, pesce, uova, qualche tubero e radice, noci, verdura e frutta.

La classificazione di “animale onnivoro” che si attribuisce all’uomo, è un concetto molto frainteso. Onnivoro significa che possiamo mangiare un ampia gamma di alimenti è vero. Ampia rispetto ai carnivori, erbivori e frugivori che si nutrono prevalentemente di un tipo di cibo. Tuttavia, “ampia” non vuol dire tutto ciò che viene venduto nei supermercati.

Il latte? L’umanità ne ha fatto a meno per oltre 2,5 milioni di anni e abbiamo avuto sempre ossa fortissime. I ritrovamenti archeologici di scheletri antecedenti alla rivoluzione agricola e le odierne popolazioni di cacciatori-raccoglitori che non consumano latte, provano ulteriormente quello che la natura ha meticolosamente progettato.

Il cucciolo di uomo ha bisogno solo del latte materno fino allo svezzamento e non oltre. Non a caso dopo un periodo di circa 2 anni, perdiamo la lattasi ovvero l’enzima deputato a digerire il lattosio, zucchero presente nel latte. E ancora oggi oltre i due terzi della popolazione mondiale è intollerante a questo zucchero [39].

Vogliamo ancora investire risorse economiche per investigare gli effetti dei latticini? Tempo e soldi buttati quando non ci vogliono chissà quali studi per capire che il latte è inutile e dannoso per la salute umana. E’ vero, lo yogurt a colazione è buono, il parmigiano sulla pasta una delizia, mozzarella e formaggi anche.

Tuttavia, dobbiamo accettare la realtà: in natura nessun mammifero beve latte dopo lo svezzamento, per lo più di un’altra specie. E la natura ha progettato tutto questo per creare uomini sani e forti, che reggano alla grande i colpi della selezione naturale.

Quindi, fatte queste premesse evolutive e tenendo conto delle migliaia di studi che evidenziano i danni del latte sulla salute umana, possiamo concludere che questo alimento è inutile e dannoso.

Per quanto riguarda la vicenda dello zucchero contro grassi e colesterolo, facciamo questa premessa evolutiva.

Lo zucchero è sempre stato un alimento raro nei 2,5 milioni di anni della storia dell’evoluzione umana. Le uniche fonti erano la frutta e, solo dopo che l’uomo imparò a usare e controllare il fuoco per scacciare le api, il miele. Tuttavia, l’accesso a queste fonti energetiche era limitato a pochi mesi dell’anno a causa della stagionalità.

Per il resto del tempo l’uomo ha mangiato prevalentemente grassi e proteine. Verdura, noci, tuberi e radici erano anch’esse parte della dieta dell’umanità, a seconda delle latitudini e nicchie ecologiche. Il nostro DNA e tutta la nostra fisiologia è ancora settata su queste fonti di cibo.

Non a caso, in tutti i libri di biochimica (gli stessi che si usano nelle facoltà di scienze della nutrizione) c’è scritto che solo due tipi di cellula nel corpo umano hanno bisogno di zucchero per funzionare: i neuroni e i globuli rossi.

Da qui nasce il mito dello zucchero come energia per il cervello. È vero, il sistema nervoso ha bisogno di zucchero sotto forma di glucosio. Tuttavia, il nostro organismo provvede ad autoprodursi il glucosio attraverso processi fisiologici ben precisi, nati come adattamento alla scarsità di questo macronutriente nelle diete pre-agricole durate per circa 2,5 milioni di anni.

Infatti non esistono carboidrati essenziali. Al contrario esistono aminoacidi, grassi, minerali e vitamine essenziali, le quali il nostro corpo è incapace di autoprodurre e quindi dobbiamo assolutamente introdurre con la dieta.

Più un alimento viene consumato e meno il corpo lo autoproduce come risposta adattativa, smettendo completamente e irreversibilmente dopo milioni di anni. Quindi, avendo consumato durante il corso della nostra evoluzione prevalentemente grassi, proteine e meno zucchero, il corpo ha smesso di produrre aminoacidi, grassi e vitamine essenziali proprio perché ne mangiavamo talmente tante con la carne che non c’era più il bisogno di autoprodurseli.

Al contrario, la scarsità di zuccheri ha condotto la nostra fisiologia prima di tutto a risparmiarli attraverso l’insulino resistenza. Vi siete mai chiesti perché in inverno fisiologicamente ingrassiamo e in estate dimagriamo? Perché in inverno siamo più insulino resistenti, adattamento evolutivo volto a contrastare la scarsità di cibo, soprattutto di zuccheri da frutta e verdura. In estate dimagriamo perché l’insulina diventa più sensibile e quindi le cellulle consumano più energia. Quando poi non ingeriamo zuccheri per un tempo prolungato non si muore di certo. Il corpo umano, nei milioni di anni si è adeguato anche a questo, con adattamenti volti all’autoproduzione di glucosio a partire dalle proteine (gluconeogenesi) e dai corpi chetonici.

Vedete la natura come è perfetta?

Fino a quando, dopo 2,5 milioni di anni di storia dell’umanità, qualcuno ebbe un’idea geniale ipotizzando che grassi e colesterolo provocano infarti e ictus, che le proteine danneggiano reni e fegato, concludendo quindi che lo zucchero deve rappresentare il 60% delle calorie totali giornaliere e che la nutrizione umana deve basarsi su cereali, legumi e latticini.

Gli eredi di questi geni siedono ancora oggi ai vertici degli enti più importanti della promozione della salute e della scienza della nutrizione.

Ancel Keys, la Sugar Research Foundation e colleghi stavano andando contro la natura, consigliando quantità spropositate di carboidrati e zuccheri fino ad allora mai consumati nella storia evolutiva del genere umano. Si stavano sbagliando. John Yudkin e colleghi era molto probabile che stavano imboccando la strada giusta, ma purtroppo vennero presi per pazzi e incompetenti.

QUALCOSA DEVE CAMBIARE: NUTRIZIONE EVOLUTIVA UNICA VIA

Qui non c’è nessuna teoria del complotto. L’idea che la scienza della nutrizione pilotata dall’industria alimentare, abbia agito con l’intento di farci ammalare per poi venderci un’enorme gamma di farmaci è una teoria fuori discussione. Nonostante sia vero che una persona malata rappresenta un terreno molto più lucrativo di una sana, non crediamo minimamente che ci sia stato questo progetto.

Tuttavia. se parte della scienza della nutrizione è controllata da industrie alimentari e interessi economici, un’altra grossa parte ha creduto veramente alle teorie sulla nutrizione del dopoguerra. In buona fede, abbiamo creduto all’innocuità dello zucchero, alle proprietà miracolose del latte vaccino e al potere dannoso di grassi e colesterolo. Le industrie alimentari si sono subito adattate alle nuove linee guida.

Sono nate importanti industrie che danno lavoro a milioni di persone, abbiamo abbattuto foreste ovunque per coltivare grano, mais, soia e altri cereali. Il Canada oggi è una distesa di grano sconfinata, il Sud America provvede alla produzione di soia e mais per tutto il mondo. Infiniti caseifici, che producono ininterrottamente latte e formaggio sono spuntati in ogni angolo del globo.

L’intero sistema economico mondiale si è adattato alle nuove guida e sembra siamo arrivati a un punto di non ritorno. Ormai ci sono interi mercati da proteggere e far prosperare, posti di lavoro da salvaguardare, profitti da difendere e non sarà di certo questo articolo a cambiare le cose.

Intanto l’epidemia di malattie cronico degenerative continua ad espandersi a macchia d’olio e i sistemi sanitari nazionali stanno collassando uno dopo l’altro. La scienza della nutrizione tradizionale ha delle colpe grandissime ed enormi pesi sulla coscienza per tutte le vite perse prematuramente e per tutte le persone che oggi sono afflitte da queste patologie.

Tuttavia, fino a quando riusciremo a pagare le cure sintomatiche di patologie, che scomparirebbero molto probabilmente in poco tempo adottando un tipo di nutrizione ancestrale, la situazione rimarrà tale.

È una questione di tempo. Secondo le previsioni entro la fine del secolo, quasi tutta la popolazione mondiale sarà obesa o in sovrappeso, costretta a convivere con almeno una malattia cronico degenerativa.

La politica deve prendere assolutamente provvedimenti seri in materia.

CONCLUSIONI

Quello che oggi troviamo nei nostri piatti è il risultato di decenni di errori metodologici, preconcetti, interessi economici e soprattutto conclusioni troppo affrettate. La scienza della nutrizione, scienza che applica e interpreta le scienze madri della biochimica e della fisiologia umana, poco ha capito di come l’essere umano debba nutrirsi.

Dallo sviluppo delle prime linee guida alimentari degli anni ’80, abbiamo assistito a un dilagare incontrollato delle malattie cronico degenerative. Ci siamo abbuffati di cereali, zuccheri, latte, formaggi e tutto quello che l’industria alimentare sfornava anno dopo anno.

Questo disastro è stato possibile solo perché la scienza della nutrizione dell’epoca (che è in gran parte la stessa di oggi) ha peccato di presunzione, dimenticandosi che l’uomo moderno è il risultato di milioni di anni di evoluzione. Il risultato di milioni di anni di abitudini alimentari e di uno stile di vita impresso ancora nei nostri geni, e programmato per esprimersi al meglio in ambienti ben diversi da quelli odierni. Per questo ci ingrassiamo, ci ammaliamo e moriamo precocemente (per saperne di più leggi qui).

E non tiriamo fuori la scusa che sono solo problemi della terza età, perché orma le malattie cronico degenerative colpiscono sempre più spesso in fascia di età basse. Oggi abbiamo già bambini obesi e diabetici, non per colpa dei loro geni o delle “ossa grosse” ma per colpa dei genitori che li nutrono con cibo spazzatura.

La dieta mediterranea, la dieta a zona, la Atkins, la dieta vegana e tutte le altre diete inventate da qualche scienziato sia a scopi lucrativi che per filosofie o religioni, non hanno alcun senso. La dieta dell’uomo non si inventa. La dieta dell’uomo è quella che i nostri antenati cacciatori-raccoglitori hanno condotto per milioni di anni fino alla rivoluzione agricola di 10.000 anni fa. Carni, pesce, uova, verdura, frutta, tuberi, radici, noci.  Cibo specie-specifico. Alimenti  minimamente processati, consumati un quantità variabili, a seconda di nicchie ecologiche e stagionalità, a sazietà e senza contare le calorie.

Tornando all’introduzione di questo articolo, bisogna smettere di giocare a fare Dio. La natura ha sempre ragione e ci punisce se contrastiamo il suo corso. In questo caso, le malattie cronico degenerative sono la punizione infalitta al genere umano per alimentarsi con cibo mai esistito prima. In natura la malatia è una condizione molto rara. Non esistono zebre obese, leoni diabetici e delfini dementi. Il perché non serve investigarlo con chissà quali studi scientifici. La risposta é semplice: questi animali vivono come madre natura ha programmato.

Al contrario, gli animali domestici come gatti e cani soffrono delle stesse patologie dell’uomo. Cancro, obesità, diabete felino, artrosi, sclerosi multipla sono adattamenti fallimentari a uno stile di vita da divano e croccantini.

Anche gli animali di allevamento come salmoni e bovini, rispettivamente carnivori ed erbivori, nutriti a cereali per farli ingrassare più velocemente si ammalano. Di conseguenza hanno bisogno di antibiotici e altre medicine per essere mantenuti in vita, fino ad essere macellati al top del loro peso per massimizzare i profitti.

Vivendo secondo uno stile di vita ben diverso da quello progettato da madre natura, veniamo puniti con le malattie cronico degenerative. La scienza deve capire questo e bisogna usare premesse evolutive per indirizzare la ricerca scientifica e gettare le basi di un sistema efficace per la promozione della salute.

Dobbiamo essere umili e progredire verso una nuova scienza della nutrizione che tenga conto della natura intrinseca dell’essere umano. Per continuare ad avanzare, bisogna cancellare gran parte di quello che questa scienza crede di aver capito, fare più di un passo indietro e ricominciare dallo studio delle nostre origini.

Con onestà intellettuale, amore verso la salute del genere umano e liberi da ogni conflitto di interesse.

EVOplus – Lifestyle Revolution

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