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La corsa fa male? » Dott. Francesco Balducci

Dott. Francesco Balducci Medico Chirurgo esperto in Medicina Antiaging

La corsa fa male?

Cercherò di chiarire alcuni aspetti controversi di una pratica, la corsa, amata da moltissimi sportivi ed evitata come la peste da molti altri, convinti della sua nocuità. Premesso che amo correre e che sin da ragazzo corro regolarmente, oltre ad allenarmi con i pesi e a corpo libero e a scendere fiumi in kayak, mio sport preferito, desidero però essere giudice imparziale, in veste di medico antiaging ed evoluzionistico, e non quale mero appassionato della corsa.

Da sempre l’uomo, sin dagli albori, ha dovuto, e preciso dovuto e non voluto, correre per procacciarsi cibo, inseguendo prede o per fuggire da attacchi di bestie feroci o nemici. Tutte le popolazioni indigene scarsamente contattate o completamente aliene dal mondo occidentale, alcune delle quali ho avuto occasione di incontrare nei miei viaggi esplorativi, corrono per necessità per tempi relativamente brevi e raramente oltre l’ora.

La corsa viene eseguita in ambienti selvaggi, con ostacoli di vario genere, quali radici, sassi, tronchi, arbusti, e con variazioni di pendenza e di ritmo.Si tratta quindi di attività molto diverse dalle corse su pista, asfalto o su tapis roulant come l’uomo moderno è quasi sempre solito fare per allenamento volontario e non per necessità. Motivazioni e metodiche completamente differenti.

Siamo sicuramente progettati anche per correre ma non per tempi troppo prolungati che comporterebbero un dispendio energetico antieconomico ai fini della sopravvivenza. La corsa offre indubbi benefici, sia sull’apparato cardiovascolare, sia su quello respiratorio con miglioramenti di tutti i parametri e prolungamento della performance giovanile, anche in tarda età, purché si rispettino le leggi dell’ormesi: poco o nulla non apporta benefici o addirittura invecchia precocemente gli apparati suddetti, troppo, al contrario, innesca malefici e logorio.

Il punto ormetico o punto di rottura è individuale e si basa sul biotipo, sui polimorfismi genetici dei sistemi antiossidanti, sull’assetto ormonale, sul grado di allenamento e sulla costanza dello stesso, sull’alimentazione, sull’integrazione, sulla qualità del sonno e su altri parametri.

Quello che è poco per una persona può essere troppo per un’altra. Sovente osservo ultra cinquantenni macinare decine e decine di km alla settimana o addirittura al giorno, talvolta arrancando e ciondolando, in preda ad evidente sarcopenia (diminuzione grave di massa e forza muscolare) e ad usura cartilaginea, i quali purtroppo non sempre hanno eseguito ecocardiografia e prova da sforzo, almeno come esami di base preliminari ( preciso che non sono gli unici).

La corsa siffatta è proaging determinando un invecchiamento deleterio e precoce con maggior rischio di eventi cardiovascolari, artrosi e problematiche muscolari. L’agonismo (dal greco agonè, “lotta”) comporta sempre un’esasperazione dell’attività e occorre prendere le necessarie misure per evitare danni collaterali. Aspetto che pochi curano nei dettagli.

Quanti si preoccupano dello stress ossidativo, dell’incremento del cortisolo, della possibile alterazione dei ritmi circadiani, dell’usura tendineo muscolare?

Curiosamente il termine agonismo ha la stessa radice di agonia che significa lenta fine dolorosa! Anche io ho praticato sport agonistico anche ad alto livello, sia nel kayak, sia nella corsa con una maratona e alcune ultramaratone, ma l’ho fatto consapevole dei rischi e dei possibili danni e non con la convinzione che mi facesse solo bene. Probabilmente la psiche si è giovata dell’impresa e si è nutrita positivamente di endorfine ma il corpo ne ha risentito e ha avuto necessità del giusto recupero e di un’integrazione mirata.

 

Quale tipo di corsa è dunque preferibile ai fini antiaging, anche su base evoluzionistica?

 

A mio avviso la corsa breve, intensa e intervallata con variazioni di pendenza e ambientali, in condizioni climatiche differenti e non standard, al fine di mimare il tipo di corsa dei nostri antenati primordiali. L’intensità dovrebbe essere personalizzata e non è definibile nella stessa misura per tutti, dipendendo dai parametri su accennati.

Ora, a quasi 63 anni, prediligo corse brevi con ostacoli in ambiente anche selvaggio, per allenare le capacità di adattamento e per godere appieno dei colori, dei profumi e del clima ora favorevole, ora avverso. La corsa dei nostri antenati, alla fine.

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