10 Lug Il disaccordo evolutivo » Evoplus Lifestyle Revolution
Lo sviluppo della civiltà è stato interpretato in generale come un passo positivo per il benessere della specie umana, che ha portato ad un aumento della durata e della qualità della vita. D’altra parte, questo progresso accelerato iniziato dalla rivoluzione agricola e cresciuto esponenzialmente con la rivoluzione industriale, ha aperto la porta a nuovi pericoli per la salute dell’uomo.
La scienza moderna, grazie al miglioramento dei servizi sanitari, nonché delle condizioni sociali ed economiche, ha eliminato la minaccia di morte per la maggior parte delle malattie infettive ma nel corso degli ultimi due secoli di storia nella civiltà umana, le minacce si sono spostate verso le malattie cronico degenerative (MCD) come le malattie cardio-vascolari, metaboliche, autoimmuni e neurodegenerative, cancro, diabete e altre condizioni mediche come l’obesità [1].
Nel 1995, si stimava che vi fossero 200 milioni di adulti obesi in tutto il mondo e altri 18 milioni di bambini sotto i cinque anni classificati come sovrappeso. Negli anni 2000, il numero di adulti obesi è salito a oltre 300 milioni.
“In ogni regione del mondo, l’obesità è raddoppiata tra il 1980 e il 2008”, afferma il Dr. Ties Boerma, Direttore del Dipartimento di Statistica e Sistemi Informativi Sanitari dell’OMS.
“Oggi mezzo miliardo di persone (12% della popolazione mondiale) sono considerate obese”.
L’epidemia di obesità si sta allargando anche nei paesi in via di sviluppo, dove si stima che oltre 115 milioni di persone soffrano di problemi legati all’obesità.
Un adulto su tre in tutto il mondo soffre di pressione sanguigna alta, una condizione che causa circa la metà di tutti i decessi per ictus e malattie cardiache. 347 milioni di persone in tutto il mondo soffrono di diabete e l’80% di loro vive in paesi a basso e medio reddito. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) afferma che i decessi per diabete raddoppieranno entro il 2030 [2, 3].
Riconoscendo il devastante impatto sociale, economico e sanitario delle MCD, nel settembre 2011 i leader mondiali hanno adottato una strategia politica di forte impegno ad affrontare questo problema e hanno assegnato diversi incarichi all’OMS per contribuire a sostenere gli sforzi dei singoli paesi. Nonostante queste raccomandazioni, il numero di persone affette da obesità e da MCD continua ad espandersi a macchia d’olio [3, 4].
MEDICINA PREVENTIVA FALLIMENTARE E IN TOTALE CONFUSIONE
Le promesse della medicina riguardo la promozione della salute sono enormi ma i risultati ottenuti non rispecchiano la parola data. La medicina ha fatto passi da gigante negli ultimi tempi e quello che decine di anni fa sembrava fantascienza oggi è realtà. Siamo capaci di trapiantare organi interni e rimettere quasi a nuovo persone dopo terribili incidenti stradali ma sul piano della prevenzione la medicina tradizionale ha fallito miseramente la sua missione e in aggiunta sembra essere nella confusione più totale [5].
…ci si trova sempre più spesso di fronte a consigli contraddittori. Non appena si apprendono i risultati di uno studio di ricerca, ne esce subito un altro che afferma l’opposto. (N Engl J Med 1994; 331:189-900)
Le notizie sui rischi per la salute arrivano pungenti e rapide e sembrano quasi costituzionalmente contraddittorie. (Scienza 1995; 269:164-9)
Le raccomandazione al pubblico su cosa mangiare e fondamentalmente su come vivere, sembrano fare retromarcia ogni volta che un nuovo studio viene pubblicato in una rivista medica. (New York Times 1998 Mar 22: 4 WK)
Queste affermazioni risalenti a vent’anni fa sono ancora oggi attuali, tenendo conto della lentezza con cui la scienza progredisce passo dopo passo. L’American Heart Association (AHA) ispeziona le proprie linee guida dietetiche secondo le più recenti ricerche scientifiche ogni due anni [6-9]. Ad esempio, dalla dose giornaliera raccomandata di sale di 6000 mg/d nel 1996, oggi le raccomandazioni parlano di < 1500 mg/d al fine di prevenire le malattie cardiovascolari [9].
Sebbene sostanzialmente invariata rispetto alla raccomandazione del 1995, la raccomandazione aggiornata sull’attività fisica e la salute pubblica è “migliorata” in vari modi. Dal 2007, sono disponibili più informazioni riguardanti l’intensità, la frequenza e il volume dell’AF [10].
Sebbene nel 1996 le raccomandazioni per ridurre il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari fossero, in generale, di sostituire i grassi saturi con carboidrati, proteine o acidi grassi mono o polinsaturi [11], oggi le raccomandazioni suggeriscono che l’assunzione giornaliera di acidi grassi saturi dovrebbe essere inferiore al 10% dell’assunzione totale di energia, attraverso l’unica sostituzione con acidi grassi mono e polinsaturi [12, 13].
Questi e moltissimi altri esempi come la storia delle “massimo due uova a settimana altrimenti il colesterolo intasa le arterie”, le cui oggi non sono più ritenute le responsabile dell’aumento del colesterolo. O ancora studi che prima affermano che la pasta fa ingrassare e dopo una settimana escono studi che affermano l’opposto.
Altri studi affermano che il calcio contenuto nel latte e nel formaggio è necessario per la costruzione di ossa forti quando invece oggi la questione è molto controversa e molti studi non hanno trovato correlazione alcuna tra basso consumo di calcio e rischio di fratture ossee [14, 15].
Quante volte abbiamo sentito al telegiornale o letto su una rivista, notizie di questo genere? Prima quello che faceva bene alla salute oggi è nocivo o viceversa.
Tale confusione e fallimento delle linee guida per la prevenzione della salute può essere spiegato dalla mancanza di un quadro concettuale globale, carenza che potrebbe essere corretta adottando premesse evolutive [5].
LA TEORIA DEL DISACCORDO EVOLUTIVO
È necessario un approccio più complesso e globale alla promozione della salute e sviluppare un quadro generale che tenga conto della natura intrinseca dell’essere umano.
A tal fine, si suggerisce che lo studio e la comprensione dell’evoluzione umana potrebbe essere il punto di partenza da cui indirizzare la ricerca scientifica al fine di prevenire l’insorgenza delle MCD e promuovere uno stile di vita realmente sano. Pertanto, le carenze e fallimenti della medicina preventiva potrebbero essere corretti adottando la teoria del disaccordo evolutivo, che fornisce tre semplici principi logici [16,17]:
- Il genoma umano è stato forgiato e selezionato in ambienti passati molto diversi da quelli attuali [18,19];
- L’evoluzione culturale procede troppo rapidamente affinché il genoma umano possa adattarsi con successo, con conseguente dissociazione tra i nostri geni e l’ambiente in cui viviamo [19-21];
- Questa dissociazione tra genoma e stile di vita favorisce lo sviluppo delle MCD [21].
ll genoma umano sarebbe sostanzialmente fermo al periodo del tardo Paleolitico (50.000-10.000 a.C), settato per esprimersi al meglio secondo uno stile di vita da cacciatore-raccoglitore [5]. L’attività fisica, il sonno, l’esposizione al sole e il fabbisogno alimentare di ogni organismo vivente (compresi gli esseri umani) sono determinati geneticamente.
Dopo la pubblicazione di Eaton e Konner nel 1985 [22], il ruolo della teoria del disaccordo evolutivo è stato sempre più riconosciuto nella letteratura scientifica. I drastici cambiamenti nella dieta e nello stile di vita, avvenuti dopo la Rivoluzione Neolitica (e più radicalmente dopo la Rivoluzione Industriale e l’Età Moderna), sono troppo recenti su una scala temporale evolutiva per consentire al genoma umano di potersi pienamente adattare [16-22].
Già nell’Antica Grecia, il filosofo Socrate abbozzava un accenno di tale teoria affermando che le malattie dell’uomo di quel tempo derivano dall’ozio, dal lusso e dal cibo che mangiavamo [23]. Dalla rivoluzione agricola di circa 10.000 anni fa partita dal Medio Oriente per poi diffondersi successivamente nel resto del globo [24-28], l’uomo fece il primo incontro durante la sua storia evolutiva con le MCD.
Quando le diete a base di cereali vennero adottate per la prima volta in sostituzione delle diete principalmente a base di carne dei cacciatori-raccoglitori, si registrò una caratteristica riduzione della statura, un aumento della mortalità infantile, una riduzione della durata della vita, aumento dell’incidenza di malattie infettive, diabete, anemia da carenza di ferro e dell’incidenza di osteomalacia, osteoporosi e altri disturbi minerali ossei, aumento del numero di carie dentarie e difetti dello smalto [28-35].
Secondo la teoria del disaccordo evolutivo, è generalmente accettato che non è trascorso abbastanza tempo dall’invenzione dell’agricoltura affinché si siano verificati adattamenti significativi nel patrimonio genetico umano. Si può quindi affermare che gli esseri umani sono geneticamente predisposti a vivere secondo lo stile di caccia e raccolta che ci accompagnò per milioni di anni [19]. Dal punto di vista sociale, siamo persone del XXI secolo, ma geneticamente siamo rimasti cittadini del Paleolitico [36].
NON SOLO TEORIE
È interessante notare come le MCD erano sconosciute all’uomo cacciatore-raccoglitore e le ancora 229 popolazioni odierne [37,38], che vivono ancora secondo questo stile di vita, non presentino segni apparenti di tali malattie [39-47].
L’esempio più clamoroso è rappresentato dagli Indiani Pima, popolazione discendente dai Paleoindiani i cui antenati migrarono dall’Asia all’America settentrionale attraverso lo stretto di Bering ghiacciato durante la prima delle tre glaciazioni [48-50].
Pertanto, il genoma dei Paleodiani è stato molto probabilmente plasmato durante queste migrazioni, durate migliaia di anni, e settato in accordo con lo stile di vita dei cacciatori-raccoglitori nomadi secondo i relativi cicli di attività fisica, rappresentata dalla caccia, e abbondanza/carestia [51].
Tuttavia, quando si stabilirono in America Centrale, queste comunità si adattarono con successo all’ambiente desertico sviluppando un agricoltura primitiva sempre supportata dalla caccia e raccolta. Il riuscito adattamento dei Pima alla vita nel deserto continuò fino alla fine del XIX secolo, quando l’area fu invasa e occupata dagli immigrati europei che distrussero la loro cultura e influenzarono il loro stile di vita soprattutto introducendo cibi prima sconosciuti agli indiani Pima come cereali raffinati e zucchero. Gli indiani Pima dell’Arizona hanno ora la più alta prevalenza segnalata di obesità e diabete di qualsiasi popolazione del mondo [52-54], tanto che sono diventati oggetto di studi e ricerca scientifica.
Anche se il diabete di tipo 2 e l’obesità hanno fattori genetici [52,55], l’interazione del genotipo con ambienti sfavorevoli svolge il ruolo più importante nello sviluppo di una determinata malattia (fenotipo malato).
A conferma di questa affermazione, nel 2006 Schulz e collaboratori hanno studiato gli effetti di diversi stili di vita sull’obesità e sul diabete negli indiani Pima che vivono in Messico e negli Stati Uniti.
Nonostante la separazione geografica, studi linguistici e genetici indicano che condividono un background genetico molto simile. Entrambe le popolazioni di Pima sono state classificate secondo polimorfismi del DNA per stabilire la loro somiglianza genetica e, come ben noto, i loro geni sono stati classificati come altamente suscettibili a sviluppare obesità e diabete di tipo 2 [56,57].
Per chiarire il contributo delle influenze ambientali sul diabete di tipo 2, hanno studiato due gruppi di indiani Pima in Messico e negli Stati Uniti. Gli indiani Pima negli Stati Uniti risiedono principalmente nelle regioni desertiche dell’Arizona mentre gli indiani Pima del Messico vivono in una remota regione dei Monti della Sierra Madre, in un’area accessibile solo di recente attraverso la rete stradale. I Pima del Messico, in contrasto con i Pima degli Stati Uniti, hanno subito un cambiamento relativamente minimo nel loro stile di vita originario [58,59].
Schulz e collaboratori hanno confrontato il gruppo messicano con il gruppo statunitense di Pima esaminando la prevalenza di diabete e la tolleranza al glucosio con l’obiettivo di comprendere la misura con cui i fattori genetici e ambientali influenzano diabete e obesità in queste due popolazioni.
I risultati hanno mostrato che tra gli indiani Pima messicani, 5,6% degli uomini e 8,5% delle donne ha avuto il diabete, prevalenza significativamente più bassa rispetto agli indiani Pima degli Stati Uniti, di cui il 34,2% degli uomini e il 40,8% delle donne ha avuto la malattia [56,57].
La prevalenza molto più bassa di diabete di tipo 2 e l’obesità negli indiani Pima in Messico rispetto agli Stati Uniti indica che anche in popolazioni geneticamente inclini a queste condizioni, il loro sviluppo è determinato principalmente da circostanze ambientali ossia dal loro stile di vita. Tuttavia, poiché questa popolazione è stata allontanata dal proprio stile di vita originale seguito per migliaia di anni, si è verificato il disaccordo tra i loro geni e l’ambiente circostante causando inevitabilmente l’insorgenza di diabete di tipo 2 e disturbi metabolici.
L’esempio degli indiani Pima è solo uno dei tanti a verificare la teoria del disaccordo evolutivo. Nel 1991, il dottor Kieran O’Dea ha studiato l’effetto dello stile di vita occidentale sugli aborigeni australiani. Quando in queste popolazioni avviene la transizione dal loro tradizionale stile di vita da cacciatore-raccoglitore a sedentario-occidentalizzato, assistiamo ad alti tassi di obesità, diabete di tipo 2, ridotta tolleranza al glucosio, ipertrigliceridemia, ipertensione e iperinsulinemia. La resistenza all’insulina può essere la caratteristica patogena comune di questo gruppo di condizioni associate all’aumento del rischio di malattie cardiovascolari.
Lo stile di vita tradizionale dei cacciatori-raccoglitori, caratterizzato da un’elevata attività fisica e da una dieta a bassa densità energetica (basso indice e carico glicemico, alto contenuto di grassi monoinsaturi, fibre, proteine, vitamine e minerali), favorisce il dimagrimento e l’aumento di massa magra riducendo al minimo l’insulino resistenza.
Per la maggior parte degli aborigeni, invece, lo stile di vita occidentale, caratterizzato da una ridotta attività fisica e da una dieta ricca di energia (ricca di carboidrati raffinati insieme a grassi saturi), favorisce l’obesità e massimizza la resistenza all’insulina [39].
Inoltre, studi osservativi sulle popolazioni odierne di cacciatori-raccoglitori, tra cui gli Hazda della Tanzania, gli Hiwi in Venezuela e gli Ache in Paraguay, dimostrano ancora che le MCD sembrano essere sconosciute in queste tribù e comunità [39-47].
CRITICHE ALLA TEORIA DEL DISACCORDO EVOLUTIVO
Ovviamente, come ogni concetto che diverge dalla “normalità” e minaccia la nostra zona di comfort creando dissonanze cognitive, le critiche non potevano di certo mancare.
CHE SENSO AVREBBE ADOTTARE LA TEORIA DEL DISACCORDO EVOLUTIVO PER LA PREVENZIONE DELLA SALUTE, SE L’UOMO CACCIATORE-RACCOGLITORE MORIVA A 30 ANNI?
Non è vero! I famosi 30 anni per gli uomini e 35 per le donne sono riferiti all’età media di quel tempo. Per ovvi motivi legati alle condizioni igieniche precarie, battaglie tra tribù rivali, attacchi di animali selvatici, ferite da contusione o taglio ecc. la mortalità infantile e le morti premature erano alte e se le sommiamo alle poche morti in età senile avremo un valore molto basso. Inoltre, abbiamo relativamente poche ossa umane del periodo pre-agricoltura, perché ci vogliono alcune condizioni molto insolite per conservare i resti umani per più di 10.000 anni.
Quindi, è molto approssimativo suggerire che questi resti sono rappresentativi di tutta la popolazione umana in quel momento. L’esame di queste ossa pre-agricole è ulteriormente offuscato dal confronto fatto con ossa contemporanee, dove l’età della morte dell’individuo è più facilmente accertabile [60]. Gli unici dati credibili sono quelli provenienti dagli studi osservativi sulle popolazioni di cacciatori-raccoglitori odierne, i cui membri possono raggiungere tranquillamente i 70 anni di età [39-47].
MA CI SAREMO ADATTATI IN 10.000 ANNI, NO?
Per oltre il 99% della nostra storia evolutiva gli esseri umani hanno vissuto in piccoli gruppi nomadi senza domesticare piante o animali. Questo stile di vita di caccia e di raccolta è l’unico adattamento stabile e persistente che l’uomo abbia mai raggiunto. È generalmente riconosciuto che non è trascorso abbastanza tempo dall’invenzione dell’agricoltura 10.000 anni fa affinché si siano verificati cambiamenti significativi nel patrimonio genetico umano e che [61-77].
Comunque, solo 12 alleli sono stati oggetto di selezione negli 10.000 anni circa nel genoma umano, una quantità relativamente insignificante. Tra questi troviamo alleli responsabili della pigmentazione della pelle, del colore degli occhi, del sistema immunitario, del metabolismo degli acidi grassi e della vitamina D [78].
Ma le critiche maggiori provengono dalla persistenza dell’enzima lattasi, oggetto di forte selezione nel genoma umano nel periodo post agricolo [79,80]. Secondo uno studio genetico effettuato sui resti di 230 antichi individui nella regione Euroasiatica, la prima apparizione dell’allele per la lattasi è presente in un individuo che visse tra il 2300 e il 2200 a.C. circa in Europa Centrale [78]. E’ vero! Qualcuno un minimo si è adattato. Ma il paradosso è che la selezione di questi alleli è stata dimostrata avere un potenziale legame con la celiachia, la colite ulcerosa, la sindrome dell’intestino irritabile e molto probabilmente con tutte le malattie autoimmuni [78]. In pochi ci siamo adattati alle diete agricole a base di latticini e cereali e quei pochi ne pagano il prezzo con le malattie autoimmuni. E questo non fa altro che confermare la teoria del disaccordo evolutivo!
Ulteriore conferma, e non per una strana coincidenza, e data dal fatto che le due intolleranze più famose al mondo sono il glutine e il lattosio, contenute appunto in cereali e latticini, due tipologie di cibo introdotte recentemente nella storia evolutiva umana.
Per non contare che al glutine siamo molto probabilmente tutti sensibili, chi più e chi meno. Dopo aver ingerito dei cereali contenenti glutine, come potrebbe essere un piatto di pasta al parmigiano, spesso si finisce per collassare sul divano stanchi, con dolori e gonfiore addominale, mente annebbiata, flatulenza e tutti gli altri sintomi della sensibilità al glutine non celiaca NCGS (non-celiac gluten sensitivity), sintomi che riteniamo essere normali perché li abbiamo da sempre.
Recenti studi suggeriscono che attualmente, almeno il 6% della popolazione americana soffre di questo disturbo [81-84] e tutti almeno una volta nella vita abbiamo avuto sintomi della sensibilità al glutine non celiaca, condizione che potrebbe essere transitoria e dovuta alla permeabilità intestinale [85].
Ovviamente, l’argomento è molto complesse e i dati sulle persone affette da questo disturbo da glutine sono molto riduttivi visto l’estrema difficoltà di diagnosticare tale condizione.
Nel frattempo nessuno è allergico alla carne. L’abbiamo mangiata per milioni di anni.
Per ora esamineremo solo queste due critiche, le più importanti. In un altro articolo analizzeremo le abitudini alimentari dei cacciatori-raccoglitori e risponderemo alle relative critiche.
CONCLUSIONI: RITORNARE ALLE NOSTRE ORIGINI DI CACCIATORI E RACCOGLITORI
Le MCD e l’obesità dilagano sempre di più nonostante le raccomandazioni della medicina preventiva, che sembra essere in totale confusione, incapace di mantenere le promesse date per la prevenzione della salute. Non si capisce ancora cosa si dovrebbe mangiare e che stile di vita si dovrebbe adottare per mantenersi sani e scongiurare l’insorgenza di problematiche di salute.
Queste carenze e lacune possono essere colmate adottando premesse evolutive come la teoria del disaccordo evolutivo.
Il corpo umano, che riflette adattamenti stabiliti nel tardo Paleolitico (50.000-10.000 aC), non è adatto allo stile di vita odierno, bensì a quello del cacciatore-raccoglitore come la teoria del disaccordo evolutivo spiega [5].
Questo non vuol dire che dobbiamo imbragare arco e frecce e armarsi di clava per andare ad abbattere qualche animale nella foresta più vicina, come la stupidità e ignoranza di molte persone suggerisce appena sentono parlare di teorie evolutive e promozione della salute.
L’obiettivo è adattare lo stile di vita di caccia e raccolta, in termini di attività fisica, alimentazione, integrazione alimentare, riposo e controllo degli agenti stressanti alla vita di tutti i giorni. Noi di EVOplus siamo maestri in questo e da anni adottiamo questa strategia ottenendo risultati incredibili.
La logica e la semplicità sono alla base della promozione della salute e dovremmo tornare a vivere nel modo più naturale possibile. Questa è la nostra unicità e il nostro metodo. Vieni a scoprirlo insieme a noi. Lascia esprimere i tuoi geni al meglio e otterrai risultati mai creduti possibili.
EVOplus – Lifestyle Revolution
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