05 Ago Diabete insulino resistente e il mistero del 2+2 non fa 4 » Prof. Geppy Ribaudo
Il diabete insulino resistente
Ho deciso di parlare di questa patologia oramai frequentissima nella civiltà moderna dopo aver affrontato in famiglia con risvolto decisamente drammatico cosa significa e cosa comporta essere malati di diabete insulino resistente. Patologia in decisa crescita associata ad obesità e sovrappeso.
I dati del 2002 affermano che circa il 5% della popolazione mondiale era affetta dal diabete 2, ma questa percentuale è stata decisamente superata. Sempre nel 2002 più di 18 milioni di persone nei solo Stati Uniti erano affetti da questa patologia. Si è inoltre accertato che un anziano su 5 ne è affetto, collegando questa patologia ad un chiaro deterioramento fisiologico.
Il diabete di tipo 2 può essere causato da una serie di fattori, ma sicuramente quello che lo determina è una aumentata resistenza dei recettori insulinici all’azione dell’insulina. Cosa significa questo? Significa semplicemente che come una macchina che percorre tanti km all’anno e li percorre tirando sulla velocità si deteriora velocemente, anche il nostro corpo, se costretto a “tirare” i propri sistemi fisiologici, consuma precocemente tutti gli ingranaggi. Nel caso specifico si è innalzata così tante volta la glicemia e di conseguenza l’insulina tanto da “consumare” i recettori specifici insulinici.
Molti i fattori di rischio, tra essi evidenziamo: l’obesità, l’ipertensione, l’ipercolesterolomia, basso livello di HDL, inattività fisica, alti trigliceridi, ipogonadismo, disturbi del sonno, riduzione del testosterone e dell’IGF-1. La patologia si manifesta molto lentamente ed occorre molto tempo prima che la sintomatologia sia evidente.
Fattori di rischio
I fattori che causano la malattia agiscono principalmente attraverso due meccanismi: una alterazione della produzione di insulina e una riduzione della capacità dei recettori insulinici di rispondere alla stessa. Meccanismo perverso e lentamente velenoso. Si insinua lentamente e quando ce ne si rende conto ormai si è dentro alla malattia. L’aumentata resistenza insulinica provoca un aumento da parte del pancreas della produzione della stessa. Più aumenta la produzione di insulina, per inefficace sensibilità, più aumenta l’insensibilità alla stessa.
L’obesità riveste un importanza fondamentale nello sviluppo di questo meccanismo. Il tessuto adiposo, infatti, produce un insieme di sostanze quale la leptina, gli acidi grassi liberi, la resistina e l’adiponectina che aumentano l’insulino resistenza. Inoltre ll tessuto adiposo è sede di infiammazione cronica che aggrava il quadro clinico.
Vediamo il meccanismo attraverso il quale avviene tutto ciò.
L’insulina ha il compito di regolare e favorire l’ingresso del glucosio nelle cellule muscolari e adipose, meccanismo che avviene conseguenzialmente alla necessità dell’organismo. Mi spiego meglio. Se il soggetto in seguito ad attività fisica ha consumato del glicogeno lo stoccaggio del glucosio ad opera dell’insulina viene effettuato riempendo le scorte di glicogeno esaurite, ma se questa necessità non c’è perchè le scorte di glicogeno sono inalterate allora l’insulina andrà a deporre il glucosio nelle cellule adipocite aumentandone il volume. Quindi ogni qual volta aumenta il tasso glicemico del sangue il pancreas interviene producendo l’insulina il cui compito sarà di riportare la glicemia ematica ai valori fisiologici stoccando il glucosio, proveniente dal metabolismo dei carboidrati, nei tessuti a seconda delle necessità.
Le conseguenze dell’insulino resistenza
Una marcata insulino resistenza provoca nel tempo un insieme di scompensi fisiologici tra i quali evidenziamo:
- una alterazione del ph ematico
- scompenso renale
- scompenso cardiaco
- indebolimento del sistema immunitario con conseguente maggiore sensibilità ad influenze ed infezioni delle vie respiratorie
Indice Glicemico e Carico Glicemico
Resta evidente il quadro drammatico che se ne ricava. È come se avessimo inserito un veleno che lentamente uccide le nostre cellule. A tal proposito è stata stipulata una tabella, udite udite… nel 1981 dal Dott. Jenkins, in cui si evidenzia il rapporto tra cibo e aumento della glicemia.
Cos’è? In sintesi è la capacità di un alimento ad un determinato peso, 100 gr, di innalzare la glicemia avendo come riferimento comparativo, come in questo caso, il glucosio. Direte voi ok! Semplicissimo! Basta leggere questa tabella e così evito di fare innalzare la glicemia.
Ma, un momento. Cosa leggo? Tutti gli alimenti considerati indispensabili hanno un alto indice glicemico? I cereali, le patate sono tutti subito dopo il glucosio? Ma i nutrizionisti dicono che sono indispensabili per la vita, mi danno energia! Ecco il primo grande mistero!
Ma, ad onore del vero, l’indice glicemico non è che uno dei valori che vanno presi in presenza di un diabetico, ma anche per i soggetti sani che vogliono evitare di diventarlo. Altro valore che necessita tenere in considerazione è il carico glicemico. Ovvero la quantità di carboidrati presenti in quel determinato alimento moltiplicato per il suo indice glicemico.
CARICO GLICEMICO = (Indice glicemico x g carboidrati) / 100
In sostanza nonostante la pasta abbia un indice glicemico più basso (IG=60) rispetto al glucosio (IG=100) 30 gr di pasta innalzeranno la glicemia maggiormente rispetto a 10 gr di glucosio.
Quindi nel caso in cui un alimento abbia un indice glicemico medio ma un alto contenuto di carboidrati ci saranno maggiori possibilità di aumentare la glicemia e di conseguenza la produzione di insulina rispetto ad un altro alimento con un indice glicemico alto, ma con un bassissimo contenuto di carboidrati.
Inoltre quando si introduce un eccesso di cibi ad elevato indice glicemico la massiccia risposta insulinica causa una pronta ed immediata risposta ipoglicemica che spingerà alla ricerca immediata di altro cibo allo scopo di riportare la glicemia ai normali valori. Insomma è il gatto che si morde la coda, portando inevitabilmente all’aumento di grasso adiposo con ripercussioni negative su tutto lo stato di salute.
Quindi alimenti ad alto indice/carico glicemico sono i fattori che peggiorano e provocano il diabete di tipo 2.
Facile, direte voi. Basta eliminare questi alimenti o somme di alimenti per evitare che questa patologia insorga o peggiori. Ed eccoci, quindi, all’altro grande mistero: nessun medico li toglie e suggerisce di farlo. Chiederete voi il perché. Loro dall’alto della grande conoscenza dei metabolismi energetici affermano che sono indispensabili perché danno l’energia necessaria alla vita e poi , perdonatemi se è poco, basta darvi la metformina per mettere a posto tutto.
Qualcuno dirà: ma la metformina è un farmaco. Be’, poco importa se la metformina, come tutti i medicinali, ha degli importanti effetti collaterali, poco importa se il farmaco in questione porta poi ad uno scompenso renale. Anzi dobbiamo ringraziare perché ci permette di mangiare i nostri amati e indispensabili pasta/pane/dolce/gelato senza eccessivi problemi immediati e poi comunque prima o poi di dovrà morire di qualche cosa.
Prima di concludere questo interessante argomento vorrei prima analizzare quali sono i meccanismi metabolici e il materiale energetico che il nostro corpo utilizza per trovare l’energia e eventualmente capire come posso rimediare a tutto ciò.
Sappiamo in fisiologia che a riposo il corpo umano utilizza il grasso di deposito, il QR 0,87 me lo indica specificatamente. Sappiamo inoltre che in un attività sportiva il nostro corpo utilizza sempre il glicogeno muscolare e solo nelle attività di durata utilizza il grasso di deposito e lo zucchero ematico.
Quindi quando ci serve lo zucchero durante il giorno? MAI.
Dirà qualcuno che le scorte di glicogeno si ripristinano velocemente con un alimentazione ricca di carboidrati. Ad essi rispondo che la frutta e la verdura contengono carboidrati a basso indice e carico glicemico e che anche le proteine e i grassi alimentari contribuiscono tutti al ripristino delle riserve di glicogeno senza creare quei picchi glicemici che provocano sempre i carboidrati provenienti da cereali, patate e altro.
Bene ed eccoci arrivati al mistero.
Nonostante abbiamo sottolineato come tutte queste notizie siano o dovrebbero essere a conoscenza degli specialisti della salute pubblica, troveremo sempre, anche nel caso di un diabetologo che prescrive una dieta ad un diabetico, una dieta così composta:
Colazione: Una tazza di latte e fette biscottate con marmellata (attenzione, “bio”)
Spuntino: 1 Frutto
Pranzo: 80 gr di pasta+1 panino da 50 gr.+ insalata+ frutta
Cena: Una fetta di carne + 1 panino+ frutta
E di tutto quello che abbiamo detto? Del carico ed indice glicemico? Tutto scomparso nel vuoto.
Nonostante io avessi sempre pensato che 2+2=4 in questo caso, secondo molti addetti alla salute pubblica, sembra che non sia così.
Detto ciò non mi rimane che augurare buona fortuna a tutti coloro che sordi e ciechi continueranno ad imbottirsi di cibi insulinici e di metformina.
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