08 Giu Alimentazione, invecchiamento e malattie degenerative » Dott.ssa Vanessa Di Nepi
Invecchiamento e malattie degenerative:
alimentazione e stile di vita possono incidere su questi processi?
Vi capita mai di incontrare vecchi amici che non vedete da anni e far fatica a riconoscerli (mentre dentro di voi pensate quanto poco sia stato clemente il tempo con alcune persone!)?
È solo questione di genetica o si può davvero fare qualcosa per invecchiare bene?
L’invecchiamento è un processo fisiologico, graduale di mutazione che ha inizio nell’età adulta. Non vi è un’età precisa, ma il percorso di declino delle funzioni fisiologiche va avanti per tutti, nonostante per alcuni non è assolutamente evidentemente mentre per altri si nota di più.
I cambiamenti che si verificano con il normale invecchiamento espongono alcune persone a un rischio maggiore di sviluppare certi disturbi.
Nel corso di quest’articolo vedremo quali sono questi fattori di rischio e quali strategie preventive utilizzare per invecchiare in modo sano.
Oggi il numero di anziani che soffrono di malattie cronicodegenerative (tra le quali demenze senili, Parkinson, depressioni, arteriosclerosi) è in crescente aumento.
Secondo alcuni dati epidemiologici i casi di demenza nei paesi occidentali potrebbero triplicarsi nei prossimi trent’anni. Sono dati davvero allarmanti, che richiedono riflessioni…
Analizziamo più da vicino cos’è la demenza.
In questo termine generico rientrano più di 100 malattie, sono caratterizzate da un disordine della normale funzionalità cerebrale dovuta a una degenerazione delle cellule nervose per alterazione della trasmissione neurotrasmettitoriale.
Le più conosciute sono l’Alzheimer in cui si ha un disordine cognitivo e il morbo di Parkinson che riguarda la sfera motoria; tutte le demenze sono sempre accompagnate da stati depressivi (disturbi dell’umore).
Per capire meglio come si instaurano questi processi degenerativi è importante fare un passo indietro e parlare dei neurotrasmettitori.
I NEUROTRAMETTITORI
I neuroni comunicano tra di loro tramite sinapsi (chimica o elettrica), le informazione sono veicolate dai neurotrasmettitori, che si legano a un recettore, il quale scatena una risposta inibitoria o eccitatoria nel neurone post sinaptico.
Esistono più di 50 tipi di neurotrasmettitori suddivisibili in due grandi classi:
- NEUROTRASMETTITORI A CATENA CORTA:
* Monoaminici (serotonina, dopamina, noradrenalina, istamina)
* Acetilcolina
* Aminoacidi (glutammato, gaba, glicina) - NEUROPEPTIDI:
Oppiodi, sostanza p, insulina, gastrine, somatostatine, ormoni neuroipofisari, secretina.
I tre neurotrasmettitori più noti, ma anche quelli che hanno un impatto significativo sull’instaurarsi del processo patologico nelle demenze, che modificano la funzionalità metabolica e gli stati d’umore, sono: SEROTONINA, DOPAMINA, NORADRENALINA.
SEROTONINA
Si occupa di regolare l’umore, i ritmi di sonno e veglia, la sessualità; attraverso le piastrine regola la dilatazione dei vasi sanguigni, la funzionalità di stomaco e intestino. L’alterazione della trasmissione di serotonina, causa anche un decremento del suo precursore (L-TRIPTOFANO) e modifica la trasmissione recettoriale, inducendo stati depressivi.
DOPAMINA
Attraverso il sistema nervoso simpatico ha un’influenza diretta sulla frequenza cardiaca e sul sistema circolatorio; gioca un ruolo centrale nei processi di apprendimento e cognizione, nei meccanismi di motivazione-ricompensa (è la più studiata nei meccanismi di dipendenza dalle droghe).
Nella malattia di Parkinson la principale alterazione riguarda proprio la diminuzione dei livelli di dopamina a livello dei gangli della base (rappresentano un circuito di informazioni che dalla corteccia raggiungono i motoneuroni spinali). In questa patologia inoltre si riscontrano anche bassi livelli di acetilcolina e serotonina con la presenza di stati depressivi.
Al contrario nella malattia di Alzheimer (la cui origine è da imputarsi all’accumulo nel cervello di placche della proteina beta-amiloide), predomina la carenza di acetilcolina e la perdita di neuroni colinergici (da cui i disturbi cognitivi) in strutture come l’ippocampo e Locus Coeruleus (principale nucleo noradrenergico nell’uomo).
NORADRENALINA
Favorisce l’aumento del battito cardiaco perchè la sua funzione principale è quella di tenerci svegli, attivi e pronti a reagire di fronte a un pericolo imminente. Viene rilasciata sotto stimolazione del cortisolo, aumenta l’apporto sanguigno ai muscoli e il rilascio di zuccheri dal fegato, mentre diminuisce le attività digestive e inibisce gli altri neurotrasmettitori proprio per mantenerci vigili.
In tutte le forme di demenza si riconoscono fattori di degenerazione cellulare riconducibili all’azione dei radicali liberi e a fattori ipoglicemici; nel caso dell’Alzheimer è stata trovata una stretta correlazione con il diabete di tipo 2.
Ma allora gli zuccheri e l’alimentazione ricca di carboidrati insulinici può avere qualche effetto sulla salute dei nostri neuroni? Rappresentano un fattore di rischio?
Assolutamente si!
Una quantità eccessiva di insulina altera la produzione di dopamina e noradrenalina a favore della serotonina (che ci dà quel senso di appagamento ma anche di dipendenza da questi cibi ) ma che poco dopo cala (causando il noto “calo glicemico”) innalzando il cortisolo, che a sua volta inibisce la serotonina.
Queste continue fluttuazioni ormonali causate da stile di vita e alimentazione sfavorevole sono molto dannosi per i nostri neuroni.
Cosa è possibile fare?
Nelle demenze in generale, ma anche in tutti i processi cronicodegenerativi è fondamentale cambiare la dieta, migliorare il proprio stile di vita, fare sport all’aria aperta perchè sono gli unici elementi che possono migliorare la vitalità del cervello, la salute in generale e ridurre il rischio di demenza.
Per la malattia di Alzheimer, ma non solo, gli studi più recenti dimostrano come una dieta paleochetogenica con introduzione di olio di cocco, combinato con integrazione di vitamine C e B, migliorano il trofismo del cervello.
La vitamina C in particolare è un “chelante”, una sostanza che aiuta a disintossicare l’organismo dai metalli pesanti attraverso il processo di chelazione ossia la rimozione di cationi metallici che si sono accumulati nel torrente circolatorio.
L’accumulo di metalli pesanti dovuto a fattori ambientali ma anche alimentari oggi è molto più frequente di quanto si pensi e causa disfunzioni di vari organi e apparati (nei malati di Alzheimer si trova spesso un’intossicazione da alluminio).
Come avrete capito è possibile invecchiare bene, ma è necessario essere consapevoli che siamo in gran parte responsabili, con le scelte che facciamo ogni giorno, del nostro stato di salute futuro!